Dopo la rivolta, espulsi dal programma per rifugiati. “Che senso ha se poi rimangono in strada?”

Sono stati allontanati dal centro di via Ranchet dopo la protesta del 21 settembre. Giuseppe Longhin, consigliere della Lega Nord, punta il dito su Prefettura e governo

centro accoglienza via Ranchet

«Non voglio creare allarmismo, ma non nascondo che la mia preoccupazione». Giuseppe Longhin, capogruppo della Lega Nord in Provincia e gallaratese di nascita, commenta così l’ultima rivolta avvenuta al centro per richiedenti asilo di via Ranchet, nel quartiere Madonna in Campagna di Gallarate. È stato l’ennesimo episodio di problemi in una struttura gestita dalla KB srl, la società di Roberto Garavello e Katiuscia Balansino.

«La situazione del centro di accoglienza è sotto controllo da mesi, soprattutto dopo i fatti del recente 21 settembre quando le forze dell’ordine hanno dovuto reprimere una vera e propria rissa tra ceppi etnici scoppiata all’interno. I fatti accaduti ieri sera non mi preoccupano solo perché dimostrano che alla Prefettura non sono stati dati gli strumenti per agire, ma soprattutto perché il giorno dopo tutto sembra rientrato come nulla fosse» continua Longhin.

«In questo caso preoccupa più la quiete della tempesta. Se cinque ospiti del centro ricevono il “foglio di via” dalla Prefettura e questa non può fare altro che accompagnarli in stazione ferroviaria, non si fa altro che liberare cinque persone che delinquono sulla pubblica piazza e questa non è una soluzione. Se questi cinque poi tornano a piedi al centro di accoglienza e aizzano gli altri ospiti contro chi gestisce il centro, anche con minacce di morte, tanto da impossessarsi dello stabile e “autogestire” il centro, non si fa altro che creare un clima da guerriglia a due passi dal centro di Gallarate. Ma peggio ancora, se il giorno dopo alle 8 del mattino, dopo un mio personale sopralluogo, tutto torna alla normalità senza la presenza di forze dell’ordine che controllano, con i cancelli aperti e gli ospiti liberi di uscire a farsi il giro in bicicletta, allora non ci sto e comincio a preoccuparmi seriamente. Io non chiedo uno stato di polizia, ma pretendo che vengano prese immediatamente le corrette misure per lo meno contro chi è responsabile del centro e non si faccia orecchie da mercante in attesa di fatti più delittuosi, come successo a Somma Lombardo». Il riferimento è all’episodio avvenuto a Somma nel luglio scorso, che riguardava un richiedente asilo (con problemi mentali, mai seguiti prima) che ha danneggiato diverse auto e beni pubblici.

Va inoltre ricordato che chi viene espulso dal programma di accoglienza non viene espulso dal territorio nazionale, almeno finché non è finito l’esame della sua domanda da rifugiato (che è regolato da norme internazionali). Chi viene espulso dunque – come ricorda Longhin – finisce in strada, non più sottoposto a controlli: il caso più famoso a Gallarate è quello di un trentenne nigeriano, ingegnere, che allontanato dal programma vive all’addiaccio, sopravvive spacciando e rimane vittima della dipendenza da alcol, con conseguenze spesso gravi anche per gli altri (come quiqui e qui).

 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 13 Ottobre 2017
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