Una naturalità artificiale

A Palazzo Leone da Perego la mostra personale di Franco Marrocco

Arte - Mostre

Prosegue nelle sale di Palazzo Leone da Perego/Maga in Legnano la mostra “L’ Eco del bosco”, personale di Franco Marrocco. L’esposizione è accompagnata da un catalogo NOMOS edizioni, con testi di Emma Zanella, Martina Corgnati, Giovanni Iovine e Gianluca Marziani, che ne illustrano il percorso.

C’è un filo conduttore, una sorta di contaminazione in tutta l’esposizione di Franco Marrocco nelle Sale di Palazzo da Perego, ed è legato al tema della memoria. Le immagini che le tele mostrano sono infatti segno evocativo di realtà boschive sedimentate nella memoria, immagini che abitano luoghi, occupano spazi, invadono superfici. E’ lì che la contaminazione tra ampie superfici cromatiche, tra elementi lineari, verticali o orizzontali, tra piani monocromi o cromatici trova la sua dimensione emozionale.

Sono tele che con grande insistenza indagano, in un gioco compositivo consapevole, una pittura luminosa, capace di rendere manifesto il continuo rapporto esistente tra interno ed esterno dell’intera superficie pittorica. Perché è nella superficie, nel luogo della tela il dettato comunicativo che l’artificio della pittura pone in essere. Anche quando il colore appare nella sua totale monocromia, anche quando la superficie rivela una cromia mutevole, anche quando una certa ripetitività compositiva limita la sua efficacia espressiva.

L’esposizione mostra una serie di tele che attraverso velature cromatiche, attraverso il gioco dei toni, delle sovrapposizioni pone in essere un linguaggio pittorico che si espande oltre il pretesto naturalistico e si fa materia, spazio, luogo, realtà oggettiva d’una esperienza espressiva. Una realtà che sa porsi fuori da ogni rappresentazione del mondo, in cui le superfici delle tele si caricano di allusioni oniriche, di atmosfere innaturali. Epifanie, capaci di ricreare nuove atmosfere.

Accanto alle tele, Franco Marrocco propone, nella continuità della sua visione astratta, un corpus di disegni. Lì, nella leggerezza del disegno, nell’intreccio sapiente dei segni che marcano il foglio sono già presenti le successive tavole pittoriche. E’ qui, nei fogli che meglio si intuiscono le finalità delle opere pittoriche, per via della leggerezza dei segni, capaci di ricostruire echi di architetture boschive, capaci di costruire tracce di spazi immaginari, di mostrare, attraverso il gioco sapiente delle velature immagini di un mondo altro. Tutto avviene attraverso momenti realizzativi in cui le due polarità che sottostanno al lavoro artistico, trovano un loro giusto equilibrio. Ombra e luce, chiaroscuro e velature, bianco e nero, monocromo e cromatico, nel loro rapporto compositivo, permettono di cogliere al meglio le intuizioni oniriche della successiva pittura.

Sono proprio le carte, i disegni, nella loro fragilità, nella loro trasparenza segnica, nella loro diafonia a costruire una dimensione di “naturalità artificiale” in grado di ammorbidire la complessità progettuale, in grado di anticipare i motivi astratti, le alternanze spaziali e i ritmi compositivi che abitano e riempiono d’emozioni la stagioni delle tele.

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Pubblicato il 13 Ottobre 2017
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