In viaggio col Mercante

In viaggio col Mercante, alla scoperta del mondo del caffè

Comincia “In viaggio col Mercante”: d'ora in poi un appuntamento fisso su Varesenews grazie ai documenti che ci fornirà Giancarlo Samaritani, direttore commerciale di Chicco d’Oro Italia

Una rubrica di viaggi? Una rubrica culturale? Una scoperta commerciale e culinaria? E’ difficile definire “In viaggio col Mercante”, la rubrica che con questa pagina è in partenza su Varesenews, grazie ai documenti che ci fornirà Giancarlo Samaritani, direttore commerciale di Chicco d’Oro Italia.

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In viaggio col mercante: i protagonisti 4 di 22

Perché è tutto questo e molto altro ancora. Un grande viaggio nel lavoro di popolazioni che spesso ignoriamo ma che sono legati a doppio filo, quotidianamente, a noi fin dalla mattina: cioè ogni volta che sorseggiamo una tazzina di caffè.

Nella prima puntata di questa rubrica, abbiamo provato a chiedere direttamente all’autore dei video, delle immagini e dei racconti che leggeremo con cadenza regolare su Varesenews, contrassegnati dal tag “In viaggio col mercante”, come è nata questa idea.

“IN VIAGGIO COL MERCANTE” UNA RUBRICA PER SCOPRIRE UN MONDO DIETRO LA TAZZINA

Come è nata l’idea di una narrazione dei luoghi di produzione del caffè?
«Come spesso avviene, è nata per caso: quando ho iniziato a lavorare nel mondo del caffè non ne sapevo nulla. Prima mi occupavo di argomenti tipicamente commerciali e finanziari. Dovendo cominciare ad entrare di un prodotto che conoscevo solo come consumatore, ho deciso di intraprendere un viaggio che potesse farmi scoprire come nasceva e si produceva il caffè. E da qui è iniziato tutto».

I primi viaggi furono in America Latina: «All’inizio andai al centro della Repubblica Dominicana, nella regione di El Cibao, dove ci sono piantagioni di caffè pregiato, e dove conobbi un italiano che lavorava là. Quel primo viaggio fu fulminante: è nata lì la voglia di raccontare. Grazie al cielo amo scrivere e condivido questa passione con mia moglie Silvia, appassionata fotografa e pittrice: per questo abbiamo deciso insieme di dare vita questo personaggio, “Il mercante di caffè”, e cominciare a raccontare.»

Un interesse sociologico e culturale, innanzitutto. I viaggi hanno messo infatti in secondo piano la parte commerciale: «A noi interessa la parte etnografica, sociale, economica. Per esempio, la differenza di metodo di lavoro dei contadini, che vivono sempre in condizioni difficili. Quando li filmiamo o fotografiamo, promettiamo loro di raccontare quello che ci raccontano: noi prendiamo le immagini di un lavoro che la maggior parte della gente ignora e le facciamo conoscere. Non siamo fotografi, nè narratori professionisti: vogliamo semplicemente raccontare una storia che la gente non conosce, e che noi abbiamo visto. Non le nascondo che questo è anche uno strumento di marketing, ma credo che le dia l’idea di come intendo il marketing dell’azienda».

I TRE MODI DI BERE UN CAFFE’

«Ci sono diversi modi per bere un caffè – spiega Samaritani –  Il più diffuso è inconsapevole: si va al bar e non si sa nemmeno da dove arriva o cosa si sta bevendo. Qualcuno però lo degusta, ne coglie profumi e sapori: e questo è un secondo modo, più interessante. Per me ne esiste un terzo: quello di immaginarsi, attraverso i profumi che il caffè emana e gli aromi della tazzina, i posti che evoca: una foresta, il volto rugoso di un contadino, le piante. Questo è il terzo modo, e sarebbe un modo bellissimo per condividerlo».

In realtà molti, quando bevono il caffè, non vanno oltre a quella tazzina: «Infatti, se chiede dove è prodotto il caffè, per esempio, al massimo le verrà risposto che si produce in Brasile. Quando poi però spieghi che il secondo paese produttore al mondo è il Vietnam, la curiosità comincia…»

“IN VIAGGIO COL MERCANTE” FARA’ TAPPA IN TUTTO IL MONDO

«Non andremo in Vietnam o in Brasile: quelli sono posti di cui si parla già abbastanza, e sono già note per le distese di piantagioni di caffè. Diciamo che non sono posti che stimolano la curiosità. Andremo piuttosto in Togo, Ghana, Costa d’Avorio: l’Africa occidentale, quella del vodoo. Ma andremo anche in Burkina Faso, Mali, Etiopia – che poi è la patria del caffè – Uganda e Madagascar».

Tappe sono state anche il Marocco, la Tunisia, l’Algeria, la Turchia: dove non si produce ma si consuma il caffè, e dove l’Impero Ottomano ha custodito per secoli il suo segreto. «Andremo anche in India, e negli ultimi viaggi ci siamo spostati nell’estremo oriente: in Laos ci sono piccole coltivazioni pregiatissime, ma anche in Indonesia, dove c’è il caffè piu costoso al mondo dalla particolare produzione… Quest’anno siamo stati in Birmania, al confine con lo Yunnan, dove oltre al tè c’è anche del pregiatissimo caffè».

L’America latina è quella dei primi viaggi: «Paesi come Perù, Repubblica Dominicana e El Salvador sono stati tra i primi che abbiamo raggiunto. Ma l’idea di raccontare e documentare i nostri viaggi è arrivata poco a poco, e di quei primi viaggi ci resta un numero inferiore di documenti».

CHICCO D’ORO, UNA STORIA DI CONFINE

Come è nata Chicco d’oro, che è un marchio notissimo tra “gli italiani di frontiera”?
«Chicco d’Oro è una azienda svizzera nata nel 1949, dove tuttora ha la sua sede principale e unica per quanto riguarda la lavorazione. La sua nascita è nell’immediato dopoguerra, in una torrefazione piccola e artigianale. Nel tempo però è diventata una grande azienda e adesso è leader del settore nel Paese. Il luogo piu logico dove espandere l’azienda, che ha sede vicino a Chiasso, era l’Italia, e da qui è nata la sede italiana di Cadorago, che dirigo».

Una azienda ancora familiare…

«Si affaccia alla terza generazione, che è gia presente in azienda anche se la direzione è ancora appannaggio dalla seconda generazione. Io invece mi sono sempre occupato della parte commerciale fino nel 2004, finché ha dato vita a Cadorago, in provincia di Como, all’ufficio commerciale italiano».

La sede italiana è un modo per espandersi nella patria europea del caffè?

«Lo è dal punto di vista culturale. Dal punto di vista quantitativo, a dire la verità questo è un pregiudizio. Il maggior consumatore europeo di caffè è la Finlandia: lì si consumano 14 chili pro capite di caffè, mentre in Italia non raggiungiamo nemmeno i 6 chili. Noi siamo davanti solo a Grecia e Portogallo. La Svizzera, per consumo pro capite, è sopra di noi in classifica».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 08 Novembre 2017
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