Frode fiscale da 25 milioni di euro, in manette commercialista e clienti

False fatture e crediti inesistenti, 17 indagati, due finiscono in carcere, due ai domiciliari. Guardia di Finanza e Procura hanno ottenuto anche il sequestro di beni per due milioni di euro tra Varese, Bergamo e Brescia

gallarate generico

Una frode fiscale dal valore di 25 milioni di euro: per questo motivo Guardia di Finanza e Procura di Busto Arsizio hanno ottenuto sei ordinanze di custodia cautelare, che colpiscono un commercialista e un’altra professionista della zona di Gallarate, oltre a imprenditori tra il Gallaratese, la Bergamasca e il Bresciano.

Fiamme Gialle e Procura hanno anche ottenuto un sequestro preventivo da 2 milioni di euro.

L’operazione è stata chiamata “Factotum“, perché il commercialista gestiva l’intera trafila, nei diversi passaggi, per conto dei clienti, che comunque erano consapevoli – secondo gli elementi raccolti da Procura e GdF – delle operazioni illecite compiute. L’operazione si è articolata anche mediante l’esecuzione di dodici verifiche fiscali, che hanno portato al recupero di oltre 25 milioni di euro di base imponibile sottratta all’imposizione ai fini delle Imposte Dirette, di circa 4 milioni e mezzo di IVA non versata e al rilevamento di 8 milioni di euro di falsi crediti indebitamente compensati, nonché alla scoperta di circa 1.500 lavoratori irregolari (nel tempo, su diverse aziende), la cui posizione è ora al vaglio dei competenti Enti di previdenza.

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Viene contestata anche l’associazione per delinquere, articolo 416 del codice penale. «Il Giudice per le indagini preliminari ha concordato con l’esistenza di una ripartizione dei ruoli tra le persone colpite da ordinanza ma non ha ritenuto di condividere l’emissione per il reato all’articolo 416» precisa il Procuratore Fontana. Le ordinanze sono riferite ad altri reati, mentre il 416 sarà comunque contestato.

L’attività ha preso l’avvio proprio dalle rilevanti anomalie rilevate nel corso della verifica fiscale nei confronti del commercialista di Gallarate:  sfruttando le proprie conoscenze in campo tributario, confezionava per i propri clienti meccanismi “ad hoc” per non versare imposte al fisco, mediante apposite consulenze fiscali illecite, nonché formando e fornendo loro fatture false e modelli F24 con dati alterati, per abbattere le relative tassazioni e versamenti.

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L’attività investigativa, coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Busto Arsizio con il sostituto Nicola Rossato, si è dunque estesa anche a quelle imprese la cui contabilità era gestita dal professionista gallaratese e che riportavano le anomalie sopra evidenziate. Ed è proprio l’esame di centinaia di documenti contabili e delle posizioni bancarie delle aziende, che ha consentito alle fiamme gialle di Gallarate – guidate dal capitano Precentino Corona – di scoprire un consolidato sistema fraudolento finalizzato a nascondere al fisco i reali introiti delle realtà imprenditoriali attenzionate dagli investigatori. Grazie ai falsi crediti, era arrivato anche a non versare una parte dei contributi agli enti previdenziali, creando così un ulteriore danno per le casse dello Stato (dal momento che, un giorno, i lavoratori prenderanno la pensione per gli anni di lavoro svolti).

Le imprese interessate, amministrate, nella maggior parte dei casi, da soggetti che, in cambio di un compenso, svolgevano il ruolo di “teste di legno”, per anni, hanno creato falsi crediti di imposta con i quali “compensare” le somme dovute.

Le aziende coinvolte sono attive in vari settori del commercio e dei servizi, ma c’è anche un’azienda dell’edilizia attiva tra Bergamo e Brescia. Tra gli indagati, sei sono stati oggetto di ordinanze di custodia cautelare: il commercialista e un’altra professionista gallaratese con cui collaborava sono finiti in carcere, due imprenditori tra Bergamo e Brescia sono ai domiciliari, altri due (tra cui una donna) sono sottoposti all’obbligo di dimora.

Inoltre come detto il Giudice per le Indagini Preliminari ha concordato sul sequestro, proposto da GdF e Procura, di di beni per complessivi 2 milioni di euro. Si parla di otto immobili (case di proprietà), una decine di autoveicoli, quote di tre società coinvolte.

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Grazie a false fatture e ai relativi crediti inesistenti, le società si assicuravano un vantaggio competitivo significativo, potendo fare offerte più convenienti di quelle dei competitori sul mercato. Un aspetto che – come in altri casi – viene segnalato dal comandante provinciale della GdF Vitale: «Il nostro operato è volto a ripristinare la libertà e le garanzie economiche non solo a favore dello Stato ma anche per tutti i cittadini onesti, perché chi evade sottrae risorse ai servizi pubblici e mina la libera concorrenza».

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Pubblicato il 06 Marzo 2018
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