La chiave per la ripresa del mondo del lavoro italiano? Tornare ad investire in formazione

Le rilevazioni Istat relative allo scorso anno e le interviste realizzate a consumatori e imprese fotografano un momento particolare per l'economia italiana, oscillante tra la fredda realtà dei conti e la volontà di investire sul futuro

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Le rilevazioni Istat relative allo scorso anno e le interviste realizzate a consumatori e imprese fotografano un momento particolare per l’economia italiana, oscillante tra la fredda realtà dei conti e la volontà di investire sul futuro, con la speranza che siano proprio gli investimenti a rappresentare una soluzione per la stabilità.

I numeri non sono entusiasmanti considerata una crescita del PIL al +1,4% nel 2017, anche se diventano record comparandoli al passato dove al segno “più” è sempre seguito uno zero. Un aumento, seppur leggero, da ascrivere alla crescita di produzione industriale (+3%) ed export (sia verso canali europei che su rotte asiatiche).

L’occupazione tra diminuzioni ed aumenti

I dati dell’occupazione raccontano una realtà contrastante tra lo slancio degli investimenti e la depressione del numero di contratti: quelli a tempo determinato sono cresciuti di 330.000 unità, quelli a tempo indeterminato, invece, sono 25.000 in meno rispetto all’anno precedente.

Vanno bene a metà i dati sulla disoccupazione rilevati a dicembre: 10,8%, la statistica migliore dall’agosto 2012, ma ancora male rispetto alla media Ocse. Il 2018 sarà un anno fondamentale in questo senso, parola di economisti ed esperti: la ripresa generata dalle iniziative della BCE (esempio: quantitative easing) e un’uscita dalla crisi grosso modo trasversale stanno esaurendo il loro effetto benefico calato anche sullo stivale, che si trova ora di fronte alla sua prova di maturità.

Trasformazione digitale: la nuova sfida del mondo del lavoro

Quali strade seguirà la produzione nazionale per proiettarsi in uno scenario di ripresa e benessere futuro? Restando sul tema “cosa ci riserva il domani”, quella della trasformazione digitale è un’occasione da non perdere, un cambiamento a 360 gradi che coinvolgerà l’organizzazione del lavoro, della produzione e di una gestione differente del personale, un processo che non passa solo dalla maggiore performatività dei macchinari, ma, appunto, attraverso la formazione e l’aggiornamento.

Può essere questo un percorso destinato al successo? Secondo i primi risultati riportati dal Piano nazionale Industria 4.0 l’economia nazionale riprende a girare, gli investimenti in formazione e nuove tecnologie sono stati quindi premiati con la crescita di produzione e domanda.

Più importanza per i reparti HR

Meno manager, più responsabili delle risorse umane; saranno proprio questi ultimi a prendere per mano le imprese e portarle nel futuro. La previsione dell’Associazione Italiana Direzione Personale (AIDP) è che il ruolo di queste figure professionali sarà sempre più predominante, al pari di dirigenti e consulenti manageriali nel delicato compito di uscire definitivamente dalla crisi.

Proprio la crisi è stata un catalizzante per la crescita di questo ruolo, in un momento dove la razionalizzazione certosina delle risorse aziendali è stata fondamentale si è rivelata imprescindibile una selezione metodica del personale. Un vero e proprio trend confermato anche dal report Almalaurea sullo stato occupazionale dei laureati nel settore delle risorse umane.

Il report descrive la situazione di un professionista HR a 5 anni dalla laurea (in psicologia, economia, o in scienze politiche). Una media superiore al 20% degli intervistati comunica che il proprio stipendio netto si aggira intorno ai 1400 euro, la metà di questi professionisti ha un contratto a tempo indeterminato. Di contro il tempo d’inserimento nel mondo del lavoro, 8,3 mesi, è più lungo della media, un dato probabilmente dovuto anche alla diffusa volontà di proseguire gli studi specialistici del settore.

Formazione specialistica

Per quei laureati che cercano percorsi di specializzazione, o per i professionisti del settore che vogliono approfondire le loro conoscenze, i programmi di studio dei master gestione del personale risultano degli ottimi percorsi di formazione.

Vero marchio di fabbrica delle Business School è la pratica prevalente sulla teoria: esercitazioni continue, la possibilità di ascoltare le esperienze dei professionisti e, così, di sviluppare capacità di problem solving attraverso situazioni reali che possono verificarsi durante, ad esempio, una crisi aziendale.

Questi master comprendono in maniera trasversale tutta una serie di skill di cui consta il lavoro di un professionista HR: analisi dei curriculum, colloqui, studio di percorsi di aggiornamento, amministrazione di buste paga, cura dei rapporti contrattuali, ecc. Riprendendo il focus della formazione, è proprio questo il fiore all’occhiello delle Business School: l’aggiornamento costante dei programmi offerti, che siano sempre in grado di sfornare professionisti già pronti per il mercato del lavoro, perché il futuro è nella formazione.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 30 Marzo 2018
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