Sanità, i difficili rapporti tra ospedale e università

In una lettera Carlo Ballerio, ex Vice Segretario Generale dell'ospedale di Varese, tratteggia le difficili relazioni fra mondo accademico e ospedaliero. Ma non fu sempre così

Avarie

Caro direttore,

l’ultimo volantino del Comitato “Io per l’ospedale” sollecita una testimonianza e qualche riflessione da parte di chi, come me, fu l’estensore della Convenzione, mai più ripresa e aggiornata in forma organica, che regolava la presenza degli universitari all’interno dell’Ospedale di Circolo di Varese, la prima in assoluto in Regione Lombardia.
Fu un’impresa resa possibile dall’intelligenza del Prof. Renzo Dionigi, sul versante universitario e, sul versante ospedaliero, di personaggi di grande spessore umano e professionale come il Prof. Marcello Curzio e il Dott. Renato Uccella, che collaborarono attivamente alla stesura del testo e alla ricerca di ogni possibile mediazione rispettosa delle finalità dei due Enti. La presenza universitaria era ancora connotata come seconda Facoltà di Medicina dell’Università degli Studi di Pavia, non essendosi ancora costituito l’ateneo dell’Insubria.
Non fu semplice armonizzare normative e aspirazioni diverse e neppure vincere le diffidenze di chi temeva una sorta di accaparramento dei primariati da parte degli universitari, a danno della progressione di carriera di validi medici ospedalieri.

Gli universitari partirono pretendendo che solo un terzo del loro tempo fosse destinato all’assistenza e all’attività clinica, mentre i restanti due terzi dovevano essere destinati alla ricerca (un terzo) e insegnamento (un terzo). Il secondo “paletto” fu il rifiuto di qualunque tipo di “placet” della dirigenza ospedaliera sull’indicazione degli universitari destinati ad assumere funzioni assistenziali, in nome dell’autonomia universitaria. Erano vincoli normativi sui quali c’era poco da discutere. Le difficoltà furono superate da un lato con la previsione che la ricerca non poteva che essere strettamente connessa all’attività clinica, e quindi il limite di un terzo del tempo sarebbe stato superato, come in effetti è avvenuto, e, sull’altro versante, dall’impegno assunto dal Prof. Dionigi, anche a nome degli altri cattedratici allora presenti, di designare per le funzioni assistenziali solo universitari di spessore, impegno sempre mantenuto dal Prof. Dionigi, primario chirurgo in ospedale e Preside di Facoltà poi Rettore, sul versante accademico. Quanto ai Primariati, la mediazione aveva portato a definire che i Primariati universitari non avrebbero superato il 50% del totale, privilegiando importanti discipline di cui l’ospedale era allora privo, anche per limitare il più possibile l’interferenza con le aspirazioni degli ospedalieri.

Per la prima volta in assoluto gli universitari accettarono di certificare la loro presenza clinico-assistenziale con la timbratura. Il limite non superato fu il disinteresse degli universitari ad assumere funzioni assistenziali negli ospedali di Cittiglio e Luino.

Si convenne anche su una prima forma di disciplina dell’attività ospedaliera degli specializzandi, autorizzati ad operare in ospedale sotto la responsabilità e la guida dei rispettivi Direttori di specialità, ma privi di autonomia clinico-assistenziale.

L’accordo raggiunto fu ratificato in una non facile seduta dell’allora Collegio dei Primari.

Storia passata e altri protagonisti. Oggi i rapporti fra Asst dei sette laghi e Università sono al minimo storico. Da un lato per il sostanziale disinteresse dell’attuale Rettore in scadenza per la medicina universitaria varesina, più interessato com’è alle aperture su Como, associata alla debolezza intrinseca della Scuola di Medicina, che ha sostituito la Facoltà, gravata da divisioni interne secondo la regola “ognuno per sé e Dio per tutti”, e, d’altro canto, dalla dimostrata e miope incapacità/non volontà di sostenere e valorizzare la presenza universitaria da parte dell’Asst dei sette laghi, che, oltretutto, ha dimostrato di non saper porre all’Università istanze qualificanti e di negoziare seriamente ed efficacemente con l’Ateneo varesino-comasco. Non basta ottenere anche il logo dell’Università sulla carta intestata, che è stato fin qui il massimo delle aspirazioni, ma di pura immagine.

Prevale la logica del contenimento dei costi, anche a scapito della qualità.

Si rischia di veder vanificati per pura insipienza l’impegno preveggente e di lungo periodo di personaggi, cui va il mio grato ricordo e la massima stima, come gli indimenticati Avv. Valcavi, Trombetta e Salvatore, oltre che dello stesso Prof. Dionigi e del Prof. Cherubino, veri capi-scuola, per citarne solo alcuni, che hanno operato nell’interesse di Varese e del suo ospedale.

Carlo Ballerio
Ex Vice Segretario Generale dell’ospedale di Varese

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Pubblicato il 03 Marzo 2018
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