Accettare la complessità aiuta a vivere meglio

Presentato all'Università Liuc "Complessità su misura" (Forum Edizioni) il nuovo libro di Giuseppe Scifo

Liuc generico

È complesso dire che cosa sia la complessità. L’invito del professor Giuseppe Scifo, autore del libro “Complessità su misura” (Forum Edizioni), è di non prescindere dalla soggettività. E i vari interventi che si sono alternati durante la presentazione nell’auditorium della Liuc di Castellanza, hanno rispettato questa condizione di partenza.

La complessità è una questione di visione del mondo che è differente per ognuno di noi perché dipende dai saperi che la alimentano. Per una persona qualunque una pietra è qualcosa di semplice e di scarso interesse, per un geologo è invece un elemento prezioso meritevole di attenzione e curiosità. «La complessità esiste in quanto assume connotazioni diverse a seconda di chi la prende in considerazione – ha detto Alberto De Toni rettore dell’Università di Udine – cioè dipende dalla sua dimensione soggettiva, dimensione che l’impianto scientifico tende a eliminare».

Il peccato originale generato dall’illuminismo, che ha chiuso quasi definitivamente la stagione della stregoneria, è voler ridurre la complessità adattando il modello scientifico anche al mondo del sociale. Ma l’infinitamente piccolo non spiega l’infinitamente grande perché non considera l’interazione delle diverse parti. «I modelli sono dei riduttori della complessità – ha spiegato De Toni – mentre Scifo invita a spostare il focus sulle relazioni. Quindi se si vuole andare in profondità delle cose non si può fare a meno del soggetto».

Spesso le interazioni sono segnali deboli che però è fondamentale cogliere. Secondo Nicola  Antonucci, fondatore e ceo ComplexLab e di Umanot, è quello che fanno alcune particolari categorie di persone, come i trader, i velisti o i surfisti che, quando si trovano sull’orlo del caos, sono in grado di capire in anticipo le inversioni. «La complessità comporta un nuovo senso di responsabilità – ha sottolineato Antonucci – Scifo ha scritto un libro filosofico, un richiamo alla vita, un invito a non farci spaventare dall’abbondanza di scenari perché la complessità assume una connotazione diversa a seconda di chi la prende in considerazione».

Dal punto di vista di Valentino Caporizzi, chief innovation officer jservice ed ex studente della Liuc, il merito di Scifo è di aver «reso semplice qualcosa che è invece molto complicato». Nel suo lavoro Caporizzi molto spesso nasconde la complessità di un prodotto dietro un layer ma non per questo la complessità smette di esistere. «Ogni volta che devo rendere semplice un prodotto – ha detto Caporizzi – mi metto nei panni dell’utilizzatore».

Scifo, che è apparso piuttosto divertito dai vari commenti sul suo libro, quando ha preso la parola ha subito sottolineato la diversità delle varie posizioni espresse dai relatori. «Questa è l’ulteriore conferma – ha detto l’autore – che la soggettività è importante. Ma se noi siamo qui lo dobbiamo al progresso della scienza e al suo metodo».  Si puo’ essere profondi con una laurea in filosofia o avendo quattro proverbi in testa. Ciò che fa la differenza è se viviamo una vita piena oppure no, cioè se ci rimane quel dispiacere per non aver colto tutte le opportunità che il mondo oggi ci offre. «L’ordine è un’aspirazione comprensibile perché riduce la complessità che peraltro non si può misurare – ha spiegato Scifo -. Spesso le organizzazioni per cui si lavora non ti chiedono di essere profondo e non sempre conviene mostrarsi colti, ma tutto questo non ci impedisce di arricchire la nostra esistenza e di condurre una vita piena e senza rimpianti».

Vivere però in un’epoca di abbondanza come la nostra, dove si campa mediamente oltre gli 80 anni, pone dei problemi di scelta, e questo a volte ci paralizza. «A quel geniaccio di Vasco (Rossi, ndr), teorizzatore della vita esagerata, però, non accade» ha concluso Scifo.

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

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Pubblicato il 12 Aprile 2018
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