Uccise la moglie a martellate, pena ridotta 

Per Roberto Scapolo di Laveno “sconto” di 14 mesi per via del patteggiamento in appello. Disappunto della parte civile. La difesa: “Pagherà il suo debito”

Avarie

Ammazzò sua moglie con un martello nel luglio del 2016 e oggi Roberto Scapolo è stato condannato dalla Corte d’assise d’appello di Milano alla pena di 17 anni e sei mesi, 14 mesi in meno della decisione presa dal giudice in primo grado, avvenuta un anno fa.

L’uomo, che sconterà la pena in carcere è accusato di aver ucciso Loretta Gisotti con tre martellate al capo nell’estate di due anni fa mentre i due erano in procinto di partire per le vacanze.

Reo confesso fin dall’inizio, e difeso dall’avvocato Paolo Bossi, Scapolo questa mattina è comparso di fronte ai giudici di Milano dove è stata accettata la via del “concordato in appello”.

In pratica, difesa e accusa concordano la pena, e se questo accordo sta bene al giudice si procede in quello che può – fuori dai termini strettamente tecnici – chiamarsi “patteggiamento” che avviene però in un secondo grado di giudizio, l’appello, appunto. Un’udienza breve, quella di stamane, in cui la corte ha letto una rapida motivazione della sentenza. 
Soddisfatto il difensore dell’imputato, «anche se in realtà non ci sono né vinti ne vincitori. L’unica nota positiva è la funzione della pena che sarà in questo caso finalizzata alla rieducazione della persona. Il mio assistito, una volta pagato il suo debito con la giustizia, saprà reinserirsi nella società. Oggi ha ribadito di fronte alla corte il suo pentimento per un gesto definito da lui stesso “indegno” e tutto quello che aveva è stato girato alla famiglia della moglie».

Una decisione che non sta bene al legale di parte civile Augusto Basilico, che rappresenta in giudizio i genitori e il fratello della vittima e che aveva depositato una memoria per chiedere alla Corte di non accettare la richiesta di patteggiamento in appello dove si sottolineava una sentenza già piuttosto mite in primo grado e che teneva conto delle sole aggravanti legate al rapporto di coniugio, oltre all’esiguità del risarcimento, che ammontava al valore di solo il 15% di quanto richiesto dalla famiglia di Loretta.


Oggi a palazzo di giustizia era presente la mamma della donna uccisa, la signora Maria Enrica Binda e il fratello Mirco, che hanno vissuto con grande disappunto la decisione del giudice.

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 18 Aprile 2018
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