Giorgio Rodolfo Marini, il visconte dimezzato che ama Mozart

Dirigerà l’Insubria Chamber Orchestra nel concerto dedicato al genio di Salisburgo venerdì 25 maggio alle ore 21 al Teatro Guanella

Avarie

Giorgio Rodolfo Marini è un uomo tagliato in due. “Dimezzato”, avrebbe detto Italo Calvino. Medico e musicista, avvezzo ad alleviare tanto i fastidi del corpo quanto quelli dello spirito. Da un lato con metodi anche alternativi (è specialista in Idrologia Medica ed esperto di Omeopatia e Omotossicologia), dall’altro con diplomi e studi –  pianoforte, direzione d’orchestra, organo e composizione – che gli hanno permesso di muoversi comodamente nell’alveo della grande musica di tradizione germanica: Ludwig van Beethoven e Wolfgang Amadeus Mozart su tutti. Ed è proprio al compositore di Salisburgo che è dedicato il concerto di venerdì 25 maggio alle ore 21 (biglietti a euro 10 e 15; per prenotazioni 370.1217473) al Teatro Guanella di Milano in via Duprè 19. Il direttore, alla testa dell’Insubria Chamber Orchestra (Adagio e Fuga per archi K 546 e Eine Kleine Nachtmusik K 525), sarà affiancato da Carlo Levi Minzi nel Concerto per pianoforte e archi K 415. La serata, organizzata con la collaborazione della Fondazione “Jupiter”, vedrà la partecipazione straordinaria del regista Roberto Fantucci.

Dunque Marini recupera, senza mai averlo veramente abbandonato, lo spirito di un tempo buttandosi a capofitto in quella direzione che lo ha sempre visto protagonista attento del panorama culturale varesino. Erano gli anni Novanta quando, al Teatro Impero cittadino, si presentò con la pianista Anna Maria Cigoli e l’Orchestra Filarmonica di Odessa per un concerto che ancora oggi si ricorda in fatto di partecipazione ed entusiasmo. Ma quello era anche il periodo in cui Marini si fa aggregatore di idee e progetti: organizza stagioni concertistiche che non dimenticano di essere anche una “palestra” per tanti giovani talenti della provincia. E capitava, a volte, di trovarselo a casa del sottoscritto dove, su un sintetizzatore Roland, riusciva a suonare con il registro degli archi le parti delle sinfonie beethoveniane.

I giovani, per l’appunto. Come quelli che formano l’Insubria Chamber Orchestra, fondata nel 2012 con «l’intento di realizzare quella compattezza timbrica ed esecutiva, raggiungibile solo con la continuità operativa e la condivisa visione di ricerca. Anche attraverso l’utilizzo di edizioni storiche se non filologicamente attendibili». Da una parte una compagine pronta ad assorbire il meglio dell’esperienza di un direttore musicalmente onnivoro, e dall’altra la presenza di un pianista, Carlo Levi, docente al Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano, allievo di Enrica Cavallo e – tra gli altri – di Paul Baumgartner e Mieczyslaw Horszowski e particolarmente sensibile proprio al repertorio mozartiano (ha curato il ciclo integrale delle Sonate per pianoforte).

Ed eccoci allora al K 415, dove il solista è chiamato ad una “fatica” continua per far emergere la propria parte in un lavoro che aderisce alla moda dei “concerti militari”. Due sono le novità dell’opera: l’inserimento in orchestra di trombe e timpani e una scrittura contrappuntistica che arriva direttamente dallo studio di Johann Sebastian Bach e Georg Friedrich Haendel. Scriverà Wolfgang al proprio padre il 28 dicembre 1872: «Questi concerti (K 414, K 413 e K 415, ndr) sono un giusto mezzo fra il troppo facile e il troppo difficile; sono assai brillanti, piacevoli a udirsi e naturali, senza essere banali. Qua e là vi sono spunti apprezzabili soltanto dai conoscitori, ma questi passaggi sono scritti in modo che anche i meno colti non possono fare a meno di essere soddisfatti, senza sapere il perché».
Parole, queste, che autorizzano ad un ascolto a “cuor leggero” senza avvertire sensi di colpa. E non è poco.

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Pubblicato il 23 Maggio 2018
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