Pir, le certezze del banchiere Doris e i dubbi dell’industriale Comerio

Secondo il presidente di Banca Mediolanum i Piani individuali di risparmio salveranno l'economia italiana. Per il presidente di Univa bisogna fare attenzione alle bolle speculative

univa

Un banchiere, Ennio Doris, presidente di Banca Mediolanum, è venuto a dire agli industriali varesini, che il bancocentrismo, cioè la dipendenza esclusiva delle imprese dalle banche per l’approvvigionamento di capitali, è finito grazie ai Pir, i cosiddetti Piani individuali di risparmio. Un autodafé che richiede un certo coraggio soprattutto se viene fatto davanti a una platea di imprenditori abituati da almeno due secoli a “combattere” con le banche per un accesso al credito sostenibile. Il presidente di Banca Mediolanum è convinto che questi nuovi strumenti di investimento «salveranno e cambieranno in meglio l’economia italiana» perché in grado di rompere «quel rapporto incestuoso che esiste tra banche e imprese».
Non è sembrato altrettanto convinto invece Riccardo Comerio, presidente dell’Unione industriali di Varese, organizzatore dell’evento, che all’inizio dell’incontro ha posto a Doris la domanda più scomoda: «Siamo qui perché siamo sempre aperti a nuove sfide. Ma siamo sicuri che non sarà l’ennesima bolla speculativa del mercato?». (foto sopra, da sinistra: Ennio Doris e Riccardo Comerio)

COSA SONO I PIR E PERCHÉ RAPPRESENTANO UNA RIVOLUZIONE
I piani individuali di risparmio sono stati introdotti in Italia nel 2017 e sono strumenti finanziari che permettono ai privati di prestare soldi alle aziende. Sono molto convenienti, danno buoni rendimenti e godono di agevolazioni fiscali: niente tasse sugli interessi e niente tasse di successione. Possono essere sottoscritti solo da persone fisiche, un Pir e uno soltanto per ogni risparmiatore e non potranno essere investiti più di 30mila euro l’anno per un massimo di 150mila in cinque anni. Se vengono disinvestiti prima dei cinque anni l’investitore pagherà le tassazioni vigenti sugli interessi maturati. I soldi raccolti vengono poi indirizzati da appositi gestori verso fondi che devono avere una particolare composizione: il 30% del portafoglio deve essere caratterizzato da un’ampia diversificazione, il restante 70% deve essere investito in azioni e obbligazioni di aziende che operano in Italia, il 30% di quel 70% va indirizzato verso le pmi italiane che non siano presenti nell’indice di borsa FtseMib40 o in indici esteri equivalenti. Quanto basta per riaccendere la fantasia dei piccoli investitori privati, frustrata per anni dai rendimenti negativi dei bot.

IL CONFRONTO CON GLI ALTRI PAESI
I Pir negli altri paesi funzionano bene da anni. I risparmiatori francesi hanno trasferito ben 120 miliardi di euro alle imprese transalpine, soldi con cui poi sono venuti in Italia a comprare le nostre aziende. In Inghilterra 588 miliardi di euro, in Canada 150 miliardi di dollari, in Giappone 80 miliardi di euro. In Italia le previsioni parlavano di una sottoscrizione di due miliardi per il primo anno, invece sono stati ben dieci miliardi nel 2017 e si parla di 70 miliardi per i prossimi cinque anni. Alla testa di questa rivoluzione ci sono due istituti di credito: Banca Mediolanum, appunto, e Banca Intesa che si sono mossi prima degli altri.

LE PREOCCUPAZIONI DI COMERIO LE CONVINZIONI DI DORIS
La domanda iniziale di Comerio però una sua ragione di fondo ce l’ha e riguarda l’esistenza o meno di un mercato dove incanalare questo fiume di danaro, perché il successo dei Pir negli altri paesi è strettamente correlato al numero di aziende quotate. L’Inghilterra per esempio ne ha oltre 640 senza contare le pmi, la Francia ne ha 500, mentre l’Italia ne ha poco più di 300 per un valore complessivo di 631 miliardi di euro, contro i 2.900 miliardi dell’Inghilterra e i 2.310 miliardi della Francia.

Secondo Doris questo mercato esiste e sta crescendo. «Il denaro che verrà raccolto troverà uno sbocco – ha detto il presidente di Banca Mediolanum – perché aumentano le imprese italiane anche piccole che si quotano, 32 solo nel 2017. La verità è che in Italia mancano i protagonisti finanziari e per le piccole imprese non c’è niente, ecco perché dobbiamo facilitare l’accesso delle pmi a questi capitali. L’Italia non può più permettersi di aspettare».

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 09 Maggio 2018
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Commenti

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  1. Claudio Cirino
    Scritto da Claudio Cirino

    Molto giusto non fidarsi di Doris la banca che sta più che intorno a te, sta dietro di te.

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