Quante sciocchezze giuridiche su quell’incarico al presidente del consiglio
Il giurista Mario Speroni spiega il ruolo del Presidente della Repubblica nella nomina del premier. Il caso De Gasperi fu un'eccezione
In questi giorni, si è parlato – anche da parte del presidente della repubblica – di un suo preteso potere discrezionale nella nomina del presidente del consiglio e dei ministri stessi. L’art.92 della costituzione si limita ad affermare che “il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i Ministri”. Una dottrina costante ha sempre affermato ciò che leggiamo anche sul sito del governo, alla voce “La formazione del governo”: “Il Presidente [della Repubblica] conferisce l’incarico direttamente alla personalità che, per indicazione dei gruppi di maggioranza, può costituire un governo ed ottenere la fiducia dal Parlamento”.
Ancora: “si ritiene che il Capo dello Stato non sia giuridicamente libero nella scelta dell’incaricato, essendo vincolato al fine di individuare una personalità politica in grado formare un governo che abbia la fiducia del Parlamento”. Infine, “il Presidente della Repubblica non può interferire nelle decisioni dell’incaricato, né può revocargli il mandato per motivi squisitamente politici”. “L’incaricato, che di norma accetta con riserva, dopo un breve giro di consultazioni, si reca nuovamente dal capo dello Stato per sciogliere, positivamente o negativamente, la riserva. Subito dopo lo scioglimento della riserva si perviene alla firma e alla controfirma dei decreti di nomina del Capo dell’Esecutivo e dei Ministri”.
Simili affermazioni ho trovato in tutti i testi di diritto costituzionale da me consultati, cronologicamente dall’ampio manuale di Paolo Biscaretti di Ruffia, su cui mi sono formato (Napoli, 1983) fino ad un recente volume (Milano, 2009) del presidente emerito della corte costituzionale Valerio Onida. Solo se ci fossero ostacoli di tipo giuridico (ad es. incapacità civile od ineleggibilità, per condanne penali, dei candidati) il presidente potrebbe intervenire, ma mai potrà esprimere una valutazione di inadeguatezza delle persone o della composizione della maggioranza. Il caso del governo Pella – nominato da Einaudi, nel 1953, senza una precisa indicazione dei partiti – ricordato dal presidente Mattarella nel suo discorso, a Dogliani, del 12 maggio, per affermare che il presidente della repubblica non è un semplice “notaio” – è fuori luogo. Basta ricordare, nei suoi esatti termini, la vicenda. Il 16 luglio 1953 Einaudi aveva nominato De Gasperi presidente del consiglio, su indicazione della DC. Questi, il 28 luglio, non ottiene la fiducia della camera dei deputati. Il momento è quello di grave tensione, nel parlamento e nel paese, immediatamente successivo alle elezioni del 13 giugno 1953, che avevano visto il fallimento della cosiddetta legge truffa, che prevedeva un premio di maggioranza per la coalizione vincente. De Gasperi viene sostituito da Pella, che al senato, il 22 agosto, presenta il suo governo (il padre di Mattarella è ministro dei trasporti) come “fatalmente limitato nel tempo”, in attesa di “un accordo su una determinata formula”.
Quindi quella esercitata da Einaudi è stata un’iniziativa eccezionale, in attesa che si formasse nuovamente una maggioranza. Niente a che vedere con la situazione attuale. Mattarella può porre particolare attenzione alle scelte relative ad alcuni ministeri (ad es., esteri, economia), ma non può imporre scelte o divieti. Quanto all’art.74 della costituzione – cui in questi giorni si è fatto riferimento – esso si limita a stabilire che il presidente della repubblica, prima di promulgare una legge, può, con un messaggio motivato, rinviarla alle camere, per una nuova deliberazione, ma, se queste la riapprovano, non può che promulgarla. Tutto qui.
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Trattasi di un giurista evidentemente super partes, con un curriculum di rilievo soprattutto nella parte relativa alla auto certificazione della buona conoscenza delle lingue italiana, inglese, francese, tedesca, svizzero/tedesca, spagnola, portoghese, greca moderna.
Ben più di Conte.
Complimenti.