Le città lombarde e la sfida dei cambiamenti climatici

La Lombardia nel dossier di Legambiente sull'impatto dei cambiamenti climatici che stanno trasformando l’Italia

Temporale nel Varesotto maggio 2018

E’ stato presentato oggi a Roma il dossier nazionale di Legambiente sugli impatti dei cambiamenti climatici. Nubifragi, siccità, ondate di calore sempre più forti e prolungate: anno dopo anno si ripetono anche in Lombardia fenomeni metereologici intensi ed estremi dovuti in primis ai cambiamenti climatici che stanno già causando danni ai territori, alle città e alla salute dei cittadini. Le risposte della politica e delle amministrazioni non sempre sono all’altezza: accanto a buone pratiche diffuse, da Pavia a Bergamo o a Milano, si registrano ritardi e disattenzioni oltre alla mancanza di una indispensabile regia comune.

Criticità in Lombardia

Se ancora manca un Regolamento nazionale per l’adattamento al cambiamento climatico, Regione Lombardia si è attrezzata arrivando nel 2015 all’elaborazione di un “Documento di azione regionale sull’adattamento al cambiamento climatico” che individua le priorità su cui intervenire e 30 misure per la salute umana e qualità dell’aria, la difesa del suolo e del territorio, la gestione e qualità delle acque, l’agricoltura e biodiversità.

«Ora è necessario implementare il percorso intrapreso – dichiara Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia – dando attuazione concreta a tutte le azioni previste nel Documento e stabilendo regole chiare e vincolanti, per la parte di competenze della Regione, per evitare danni a persone e territori causati da localizzazioni sbagliate, sottovalutazione del rischio idrogeologico, impermeabilizzazione dei suoli. L’assessore Cattaneo ha le deleghe ad ambiente e clima: confidiamo possa incidere in tal senso su tutto l’operato della Regione, l’adattamento climatico deve essere al centro delle politiche territoriali».

Che il tema sia all’ordine del giorno lo dimostrano le cronache degli ultimi anni. L’episodio rilevante più recente in Lombardia si è registrato appena il 10 maggio scorso, quando a Legnano una bomba d’acqua improvvisa ha colpito il Comune e tutta la zona a nord di Milano mandando in tilt il traffico a causa delle condotte idriche che non riuscivano a smaltire la pioggia battente. Ma basta pensare alle esondazioni del fiume Seveso avvenute a maggio del 2017 o più volte a luglio, agosto e novembre del 2014. Negli ultimi anni sono state ben 32 le esondazioni del Seveso nell’area milanese e dal 2010 ammonta a 15 il numero dei giorni in cui il trasporto ferroviario e metropolitano è stato sospeso a causa di eventi metereologici estremi. Ad agosto 2016 blackout dovuti a temporali e bombe d’acqua sono avvenuti in vaste aree della Lombardia, dal Basso e Medio Verbano a Valtellina e Valchiavenna.

Vasche di laminazione del Seveso e riapertura Navigli

Lo stallo ormai perdurante nella realizzazione delle vasche di laminazione, intervento che avrebbe dovuto in breve tempo risolvere i problemi di esondazione del Seveso a Milano, è la dimostrazione che non esistono soluzioni semplici al problema complesso di restituire sicurezza alla città: ogni soluzione è parziale, come è stato a suo tempo per la realizzazione dello scolmatore. Per la sicurezza idraulica la città e il territorio metropolitano devono ri-imparare a convivere con il loro torrente, utilizzando anche gli spazi aperti e il reticolo idrico urbano per offrire diversivi alle acque di pioggia e alle portate di piena che giungono da nord. Perché, ricorda l’associazione ambientalista, il vero imbuto del Seveso è il suo tratto tombinato in città, e dunque occorre – ovunque possibile e non solo sui Navigli – riportare le acque a scorrere in superficie e a disporre di spazi adeguati per la loro espansione.

«Il progetto di riapertura dei Navigli è un’opportunità per ripensare il sistema milanese delle acque, ma per questo occorre smettere di pensare ad aspetti marginali come la navigazione turistica per concentrarsi sulla funzione dei corsi d’acqua e dei Navigli come infrastrutture verdi – afferma Lorenzo Baio, responsabile acque di Legambiente Lombardia –. Da questo punto di vista è un pessimo segnale il fatto che il progetto presentato alla città in questi giorni si premuri di assicurare che il Seveso, nel tratto di via Gioia, continui a scorrere sottoterra, realizzando un letto separato da quello del Naviglio di cui oggi è affluente. Oltre a contenere le portate a monte, Milano deve mettersi nella condizione di utilizzare tutte le possibilità di deflusso esistenti o attivabili, diversamente l’imbuto continuerà a rigurgitare in Piazzale Istria acque e fango ad ogni temporale».

Buone pratiche in Lombardia

Prevenire però si può, a partire dai regolamenti edilizi e dalla pianificazione territoriale. Sono molti infatti,  gli interventi che le Amministrazioni locali possono attuare e che i soggetti sovraterritoriali, a partire da Regione, possono estendere come modelli. Il Regolamento Edilizio di Mortara in provincia di Pavia ad esempio salvaguarda la permeabilità dei suoli nelle aree urbane fissando delle percentuali obbligatorie di terreni permeabili negli spazi privati e pubblici (parcheggi, cortili, piazze). Una decisione che risulta indispensabile per una corretta e sicura gestione delle acque e per ridurre l’effetto isola di calore.

In tutta Italia sono 453 i Regolamenti Edilizi che promuovono il ricorso ai tetti verdi, tra cui Milano. E’ opportuno citare quello di Pavia, che contiene l’obbligo di realizzare almeno il 50% delle coperture a verde nel caso di edifici industriali e/o del terziario, e di Zinasco, sempre nel pavese, che obbliga le coperture a verde per tutti i nuovi edifici, sempre per un valore non inferiore al 50%.

Sul versante del risparmio idrico nei Regolamenti Edilizi spiccano i Comuni di Brivio, Calco, Cernusco Lombardone, Imbersago, Lomagna, Merate, Montevecchia, OlgiateMolgora, Osnago, Paderno d’Adda, Robbiate, Verderio Inferiore e Verderio Superiore, tutti in Provincia di Lecco, in cui è previsto l’obbligo appunto di risparmio idrico pari al 30% rispetto al valore di 250 litri al giorno per abitante.

Anche il riutilizzo delle acque grigie (parte delle acque domestiche derivate dagli scarichi della cucina, della doccia, vasche da bagno e lavandini) è affrontato da molti Regolamenti. Ad esempio in quello del Comune di Bellusco (MB), in cui viene promosso il recupero volontario di almeno il 70% delle acque grigie.

A Bergamo, infine, la Giunta comunale ha recentemente approvato un progetto di riqualificazione del sistema di raccolta e convogliamento delle portate idriche di quattro aree cittadine soggette, in occasione di temporali, ad allagamenti e a conseguenti disagi per coloro che vi abitano.

  Il dossier nazionale si può scaricare QUI

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 20 Giugno 2018
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