Le imprese devono lavorare su contenuti di qualità

L’agenzia Web Markcom aiuta le imprese a trovare il loro posizionamento sul web. Di “Impresa 4.0 e nuovi modelli di business" si parlerà domani mercoledì 6 giugno nel convegno organizzato dalla Camera di Commercio alle Ville Ponti

Avarie

Diego Ricci è uno dei soci dell’agenzia Web Markcom che affianca start-up, micro imprese e professionisti a trovare il loro posizionamento ideale su web e social. La sua agenzia  ha partecipato al bando per usufruire dei servizi del digital innovation hub di CNA Varese.

Ricci, come giudica questa esperienza?
«Questo bando era basato sulla ricerca e sviluppo e quindi molto interessante per il tipo di attività che svolge la nostra web agency. Finalmente si parla di impresa 4.0 e non solo di industria 4.0 perché la digitalizzazione riguarda anche i servizi, anzi, soprattutto i servizi».

Convertirsi al digitale è un percorso obbligato per tutti?
«Io sono un ottimista e quindi rispondo di no, però occorre dire una cosa importante: più si ritarda il processo digitalizzazione e più si alza l’asticella di ingresso, quella che in gergo si chiama tecnicamente barriera all’entrata. Chi lo fa nel 2018 faticherà di più rispetto a chi lo ha fatto prima. Colmare questo gap culturale richiede tempo e investimenti».

Lei lavora da oltre vent’anni con il web ricorda un momento particolarmente critico?
«Quando esplose la prima bolla speculativa. Aveva creato così tante aspettative sul web che poi non vennero soddisfatte perciò le imprese smisero di fare investimenti sulla rete. Alla fine alcuni ci hanno lasciato le penne, altri hanno ritardato il loro ingresso in Internet. La beffa è che quella bolla l’avevano causata società che facevano old economy».

Mercoledì alle Ville Ponti di Varese si parlerà di modelli di business e di marketing sul web. Esiste un modello ideale?
«Credo che ogni azienda debba trovare la sua dimensione ideale. Non esiste un unico modello».

Qual è il passaggio strategico in questa scelta?
«Seguendo soprattutto piccoli imprenditori, direi che è inutile guardare a ciò che fanno i big. Ogni imprenditore deve trovare la sua strada e per farlo bisogna prima capire come si  è posizionati sul mercato. Ecco questo bando direi che ha premiato proprio l’attività di analisi e di benchmark, che rappresentano l’aspetto su cui le piccole imprese sono più fragili in quanto viene vissuto solo come un costo e non come investimento».

Quanto conta in questo scenario la formazione? E chi deve farla?
«Conta moltissimo, da un lato c’è la scuola che non è attrezzata con nuovi percorsi per le professioni digitali e dall’altra c’è un’eccessiva frammentazione di corsi e consulenze  gratuite che non professionalizzano nessuno. Quindi bisogna istituire con velocità anche attraverso le collaborazioni con le associazioni di categoria percorsi formativi adeguati a cui possano attingere soprattutto le piccole e micro imprese».

Il marketing è ancora attuale o bisogna parlare di socialing?
«Una delle prime cose è dimenticare i termini tecnici che ci distolgono dall’obiettivo. Credo che ci sia un bisogno enorme di comunicazione. Il discorso dei social e del marketing tout court è in continua evoluzione ma ciò che conta è fare analisi e questo fa parte dei vecchi piani di comunicazione. Occorre individuare i media adatti a ogni contenuto. Il valore lo crea l’impresa e gli imprenditori devono imparare a guardarsi dentro e a lavorare su contenuti di qualità. Solo allora i vari strumenti, social compresi, possono diventare alleati. Il vero gap è culturale e questa è una colpa che riguarda soprattutto i comunicatori».

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Pubblicato il 04 Giugno 2018
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