L’impresa deve rimettere al centro la relazione

Paolo Guzzetti, esperto in marketing e vendite, interverrà all’incontro “Impresa 4.0 e nuovi modelli di business" organizzato dalla Camera di Commercio mercoledì 6 giugno alle Ville Ponti

Avarie

«Oggi gli imprenditori e spesso anche i comunicatori e gli esperti di marketing interpretano le nuove tecnologie come uno strumento e non come un modo diverso di intendere l’impresa. E quando mi soffermo solo sul tecnicismo rischio di perdere di vista l’intero processo. Questo è l’errore più comune». Paolo Guzzetti, esperto in marketing e vendite, quando si parla di nuovi modelli di business legati al digitale, non usa giri di parole ma prende il toro per le corna. Un buon segnale per quanti seguiranno l’incontro organizzato dalla Camera di Commercio di Varese alle Ville Ponti per mercoledì 6 giugno dal titolo “Impresa 4.0 e nuovi modelli di business, dove interverrà anche Guzzetti.

L’errore di cui lei parla è legato anche alla dimensione di impresa?
«No è un’ignoranza trasversale, come accade spesso nei processi culturali. È una questione  di approccio e di mentalità, non di grande o piccolo. Anzi, se proprio devo fare una distinzione direi che le innovazioni in genere nascono dai piccoli. La grande dimensione d’impresa puo’ aiutare a competere sui grandi mercati, ma se parliamo di nuovi modelli di business la discriminante non è la dimensione».

Quali sono le chiavi per capire i fattori critici e quelli di successo per un’azienda che utilizza i nuovi strumenti?
«Innanzi tutto la relazione. Le grandi evoluzioni introdotte dalle nuove tecnologie riguardano i modelli relazionali che hanno avuto un impatto sociale e sul mondo industriale. Le relazioni, tornando al centro del processo, obbligano il marketing e tutte le tecniche affinate negli anni sul brand e sul prodotto a declinarsi sull’aspetto relazionale. Questo è molto evidente nel business to business».

Se lei parla di relazione vuol dire che i valori espressi da un’impresa diventano fondamentali nel marketing?
«Una certa profondità di relazione si stabilisce con chi ha una comunanza di valori e questo influenza la catena dei portatori di interesse. Un tempo si lavorava per distretto, ora le relazioni sono codificate su altre basi. Quando si vogliono allargare le relazioni bisogna allargare il nostro orizzonte di valori».

Una volta ho sentito un manager di una camera di commercio italiana in Cina affermare  che non si possono fare affari con i cinesi se non si sa stare a tavola con loro?
«Ha ragione e i commerciali, almeno quelli bravi, questa cosa l’hanno fatta propria. Non ci si può più fermare alle relazioni interpersonali ma la consapevolezza di un valore condiviso deve riguardare tutte le relazioni trasversali e permeare tutti i processi aziendali».

Business model canvas

Lei a Varese parlerà del modello Canvas, perché è così strategico per i nuovi modelli di business?
«Perché la sua chiave è la coerenza. Il suo successo dipende dal fatto che dà risultati pragmatici partendo dalla coerenza di tutte le parti coinvolte nel processo, aspetto molto più importante della singola parte. Potremmo semplificare dicendo che la coerenza diventa un fattore di competitività dell’azienda. Il modello Canvas nella sua semplicità evidenzia le distonie e quindi è virtuoso perché in grado di valorizzare il tutto. Ad esempio, se io sono particolarmente bravo in un determinato processo innovativo e lo inserisco nel Canvas, questo mi permette di sfruttarlo nel modo migliore».

Ci sono delle responsabilità particolari dei comunicatori in questo gap culturale?
«I comunicatori se sbagliano lo fanno come qualunque altro tecnico esperto della propria disciplina. La domanda è se io posso migliorare qualche aspetto senza guardare il contesto. Più che di responsabilità parlerei di mancanza di onestà intellettuale: se quella determinata competenza non la colloco nel giusto contesto non è detto che sia la cosa più adatta, anzi. Uso una metafora: se mi metto alla guida di un bolide, non posso dare la colpa alla macchina se finisco fuori strada. A volte il consulente dovrebbe fare un passo indietro, essere più umile e richiedere la visione di altri professionisti per cogliere l’insieme dell’intervento da fare».

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Pubblicato il 04 Giugno 2018
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