Dalla storia alla montagna
Lasciata la bellissima Astorga il cammino sale sulle montagne che tanto hanno significato per i pellegrini
Dall’arte alla natura più selvaggia.
Mi lascio alle spalle Astorga per iniziare la salita che porterà alla Cruz de Hierro, il punto più in alto del cammino. Due ore in mezzo alla nebbia con un tempo incerto e il sole che si fa proprio desiderare, ma almeno non ho rischiato mai la pioggia. La tappa di oggi si allunga di cinque chilometri portandoli così a 26 per arrivare a Funcebadòn, proprio sotto la vetta.
Solita partenza alle 6.15 dopo una fugace colazione nel primo bar del paese che giustamente ha sincronizzato i propri tempi con quelli dell’ostello Servas de Maria all’ingresso del centro storico della città. La struttura è molto grande e può ospitare fino a 150 pellegrini. Costa solo 5 euro ed è gestito da volontari di una associazione supportata poi da persone che arrivano da ogni parte del mondo. In questa settimana è stato il turno di tre giovani seminaristi campani. Con loro scatta subito simpatia e così si organizza una nuova pastasciutta per tutti. Alla fine a tavola eravamo oltre venti a mangiare una carbonara anomala, ma buonissima.
La cucina e il refettorio erano gli spazi più ambiti e abbiamo dovuto far turni e far spazio a tanti altri. Al nostro gruppetto di sei, tutti italiani (e io che mi ritrovo ad esser il più giovane) si sono aggiunte Sabrina e Alessandra. Intanto chi si era fermato a Leon ci insegue a distanza e domani ci riprenderanno a Ponferrada. Il gruppo tornerà a parlare anche altre lingue, visto che dovrebbe rientrare anche il brasiliano Rodrigo.
Questo procedere insieme ha i suoi pregi e qualche difetto. Ci si conosce meglio e si affrontano insieme aspetti organizzativi. L’aspetto meno positivo è il rischio di far troppo gruppo, conoscendo meno le persone che incontri. Ho passato dieci giorni quasi in totale solitudine e l’ultima settimana è stata diversa proprio per questo procedere insieme.
Tornando alla tappa odierna non ci sono aspetti particolari, se non l’essere ritornati in mezzo alla natura e all’aria di montagna. Foncebadòn è il classico posto che non vivrebbe senza il cammino. Ci sono cinque ostelli e diversi cantieri aperti. Il posto dove dormiamo noi è molto spartano e ricorda un rifugio di montagna, ma davvero buttato un po’ là.
Intorno solo montagne e il vento che muove velocemente le nubi. Quegli sprazzi di sole uniti a tanta aria permettono agli indumenti di asciugare molto velocemente.
Il cammino di Santiago ha una sua rivista, Peregrino, che esce periodicamente e tratta diversi aspetti, dalle storie vissute fino alla analisi socio economiche. In alcuni ostelli si trova e ho preso appunti dal numero di agosto del 2017 dove sono stati pubblicati i dati del 2016. Nell’ultima uscita ci sono alcuni dei numeri dell’anno scorso, quando i pellegrini per la prima volta hanno superato le 300mila unità. Dati che fanno riferimento a chi ha preso la Compostela e quindi ha percorso almeno gli ultimi 100 chilometri. Nei prossimi giorni tornerò un po’ sui vari numeri perché è interessante scoprire aspetti che sono molto diversi dal percepito che uno si fa osservando ciò che vede.
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