Mafie, il Varesotto è ancora esposto

Il rapporto dell'Osservatorio silla Criminalità Organizzata indica Varese come "provincia corona" intorno a Milano, al grado 2 della presenza mafiosa. Il rischio della "aggressione alle libertà politiche" attraverso i Comuni

Varese generiche

La presenza mafiosa è ancora una realtà in provincia di Varese. È un dato emerso nel corso della presentazione del rapporto dell’Osservatorio sulla Criminalità Organizzata che riunisce dipartimenti dell’Università di Milano, sotto la direzione di Nando Dalla Chiesa.

Nella mappa sulla “presenza mafiosa”, Varese viene ancora oggi inquadrata tra le “province corona”, il cui livello di penetrazione delle organizzazioni è appena inferiore a quello del cuore pulsante degli affari criminali, vale a dire Milano e la bassa Brianza (nelle due province si concentra la stragrande maggioranza dei sequestri di beni, nota l’Osservatorio nella sezione dedicata).

Certo: Varese non è indicata nella mappa degli episodi eclatanti di intimidazioni registrati nell’ultimo periodo. Episodi che offrono un quadro articolato, perché accanto a una presenza di intimidazioni in territori da anni molto esposti (in particolare appunto tra Milanese, Brianza e colline comasche) si registra anche una presenza più periferica, come il caso del sindaco di Sorico, nell’alto lago di Como, colpito per ben due volte da incendi dolosi che hanno distrutto la sua autovettura, con modalità viste anche nel Basso Varesotto.

Le minacce del resto, chiarisce il rapporto, «non [sono] quasi mai eclatanti», ma passano spesso dalla «violenza contro le cose», da «forme di violenza psicologica come il riferimento alla scuola dei figli», a «campagne diffamatorie» o al ricorso a cause giudiziarie per rappresaglia. Forme di minacce «a bassa-media intensità» che però secondo l’Osservatorio sono anche un sistema efficace – ad esempio – nel limitare la libertà degli amministratori comunali. E proprio il controllo territoriale attraverso il livello più vicino ai cittadini rappresenta secondo il Rapporto «un problema che merita di essere affrontato con la massima determinazione e consapevolezza», anche perché in parte ancora sotterraneo.

E da questo punto di vista si parla di «un terzo salto di qualità a cui si rischia di assistere nella storia della mafia in Lombardia», vale a dire «dall’aggressione delle libertà economiche (il mercato, la libera concorrenza) all’aggressione delle libertà politiche (la democrazia)». E questa – ragiona il rapporto in altri passaggi – rischia di diventare più facile in provincia e in particolare nei centri più piccoli, laddove l’attenzione della società civile e della stampa è meno presente, come del resto dimostra – storicamente – l’insediarsi dei mafiosi in domicilio coatto in località dell’hinterland milanese (come Buccinasco e Corsico) se non più esterni (come nel caso di Giacomo Zagari e del gruppo ndranghetista trapiantato intorno al lago di Varese o di Raffaele Cutolo a Tradate).

«Una cosa è certa», conclude il rapporto. «In questa situazione complessiva -ben illustrata dallo stesso andamento delle confische dei beni mafiosi- non è più possibile alcuna rimozione. Una rimozione di principio come quella che per decenni ha visto avvicendarsi esponenti istituzionali e di categoria rischia anzi di diventare un fattore di incoraggiamento per i clan, i quali nulla di meglio possono desiderare, come ha testualmente spiegato un importante collaboratore di giustizia calabrese riferendosi all’analoga e parallela rimozione di principio praticata nei decenni scorsi in Piemonte.

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it

Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare a VareseNews.

Pubblicato il 19 Luglio 2018
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