Sanità lombarda: un esempio di strabismo
L'ex manager dell'ospedale di Varese sostiene le ragioni dei primari varesini e chiede un cambio di registro immediato
È, per lo meno, un esempio di strabismo la censura “di far politica” rivolta alle prese di posizione dei primari della provincia di Varese e il messaggio rivolto loro secondo cui la sanità e i suoi problemi devono essere riportati nel “loro alveo naturale”, cioè quello politico-istituzionale.
Stiamo ai fatti, senza alcun pregiudizio di natura politica. Il verificarsi della cosiddetta “gobba pensionistica”, che a livello nazionale avrebbe in breve tempo depauperato gli ospedali di alcune decine di migliaia di specialisti, è nota da anni e più volte è stata posta all’attenzione delle Istituzioni dai sindacati dei medici e dalle associazioni che rappresentano le ASL e le Aziende Ospedaliere (in Lombardia le AST e le ASST). Non risulta che la politica e le Istituzioni a ogni livello abbiano preso iniziative di qualunque tipo per fronteggiare una situazione di crisi prevista. Anzi, è stato varato un piano sanitario che si basa sul blocco delle assunzioni, anche per il semplice turnover, oltre che sul blocco delle risorse finanziarie, approvato, pur con qualche mugugno, anche in Conferenza Stato Regioni.
L’effetto della “gobba pensionistica”, che durerà almeno per prossimi cinque anni, sommata al blocco del turnover, è una drastica riduzione dei sanitari (per il momento ci limitiamo a questi, ma il discorso vale anche per gli infermieri) impegnati nelle funzioni assistenziali di diagnosi e cura, che, oltre tutto, dovrebbero assolvere anche al non banale obbligo dell’aggiornamento professionale. E sempre peggio sarà nei prossimi anni, se non si cambia registro: è una questione di numeri.
A livello regionale lombardo poi, non si è mai messo mano a un piano strategico sugli ospedali “minori”, che la riforma del 2015 ha semplicemente accorpato nelle ASST, dove anche gli ospedali “maggiori” erano già, e sono tuttora, in grave difficoltà a garantire i livelli assistenziali. Così gli ospedali del territorio sono stati abbandonati a un processo di asfissia progressiva, fino al punto da mettere in discussione l’utilità della loro sopravvivenza. A fronte di questo, nessuna pianificazione operativa, ma solo interventi spot ricchi di promesse.
Nell’ultima campagna elettorale, poi, da più politici sono stati presi impegni impossibili da mantenere, come i fatti hanno dimostrato. E questo, secondo alcuni, sarebbe “l’alveo naturale” politico-istituzionale in cui la sanità e i suoi problemi dovrebbero essere riportati.
A fronte di tutto ciò, i primari della Provincia, sui quali grava l’obbligo innanzitutto etico, ma anche penale e civile, di garantire l’assistenza, hanno segnalato l’impossibilità di garantire prestazioni di qualità con un organico ormai insufficiente e con la cronica carenza perfino di materiali essenziali d’uso corrente.
E non l’hanno fatto in piazza, ma si sono rivolti ai massimi livelli del loro interlocutore istituzionale, cioè la Regione, forse scavalcando qualche pavida e prona autorità locale, soprattutto sanitaria. Nel silenzio e nel vuoto politico-istituzionale, si sono anche assunti la responsabilità di formulare proposte per fronteggiare la crisi nel breve-medio periodo, proposte che possono essere più o meno condivisibili o gradite alla politica, ma a queste non si può rispondere con l’accusa “di far politica”, ma solo presentano progetti alternativi tecnicamente credibili e praticabili, assistiti dalla “volontà politica” di realizzarli. Non c’è più spazio per gli interventi “tampone”, serve ormai ben altro e su questo si gioca ormai la credibilità di una classe politica che, con buona pace di tutti, in questo campo deve ancora dimostrare di essere davvero responsabile.
Carlo Ballerio
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