Venti chilometri a Santiago

Penultima tappa che porta a Pedrouzo alle porte di Santiago. Una vigilia di emozioni dopo centinaia di chilometri a piedi

Generico 2018

Pedrouzo, in galiziano O Pedrouzo, oppure Arca, la piccola frazione di O Pino ha più nomi che monumenti. 

Passerà alla storia per essere il punto di partenza dell’ultima tappa del cammino verso Santiago. 

Noi ci arriviamo dopo esser partiti di buon mattino da Arzua. 

Mancano circa venti chilometri e ormai tutto è orientato alla meta. 

Difficile dire quando sia finito lo spirito del cammino, ma da Sarria cambia tutto e gambe e piedi si muovono sapendo che mancano ancora tanti chilometri. 

Sarebbe interessante scoprire cosa portano a casa quelle persone che percorrono gli ultimi cento. Cosa li spinge a mettersi in un viaggio che a tratti somiglia a una processione. 

A Pedrouzo nelle reception degli ostelli si vedono montagne di zaini dei tanti gruppi in cammino. Insomma Santiago è anche questo e va messo in conto. 

A me personalmente non ha dato fastidio, anzi a volte ha incuriosito. Certamente toglie molto al clima di pace e anche solitudine che porta un lungo cammino. 

La tappa di oggi è stata facile, ma senza niente di particolare da segnalare. Venti chilometri quasi tutti su sterrato e in alcuni tratti in mezzo al bosco. Un paio di attraversamenti pericolosi,ma basta fare attenzione. 

In uno dei passaggi, in una piccola frazione, una signora tira fuori da un sacchetto dei fogli e si mette a volantinare. Due pubblicità: una di una pensione a cento metri dalla cattedrale di Santiago, l’altra di un centro per tattroo. Fa pensare che qualcuno arrivi alla meta del cammino per farsi un tatuaggio, ma ormai si vede di tutto e può esser che farsi segnare la pelle in modo indelebile a Santiago possa valere come un ricordo forte. 

Noi procediamo in ordine sparso. Sto bene e guido con sicurezza la pattuglia dei soliti otto, a metà percorso restiamo avanti io, Gigi e Sabrina. Andiamo in avanscoperta per cercare un ostello. Nelle ultime tappe siamo stati sempre molto fortunati. Essere un gruppo così numeroso ha alcun vantaggi, ma anche alcuni limiti soprattutto se si vuole dormire insieme. Tra i vantaggi c’è quello di utilizzare la lavadora e la secadora così con un euro a testa si risolve velocemente il lavaggio degli indumenti. 

Ad Arzua abbiamo trovato una casa con venti posti e la sera abbiamo avuto anche un surplus di spettacolo perché tra i pellegrini ce n’erano due dal Belgio. Charles era  più divertente della partita. Un tifoso vero che commentava, esultava, inveiva, saltava a ogni azione. Alla fine è andato a dormire un po’ rattristato per la sconfitta nella semifinale dei mondiali. Negli ultimi minuti, anche chi di noi non era particolarmente interessato, è stato catturato dal suo rumoroso tifo. 

In questi giorni lo smartphone è stato l’ulteriore protagonista logistico oltre la testa, le gambe e i piedi. Grazie a questo, alle app di Buencamino, a quella di EasyTrails e solo raramente Google Maps, abbiamo scelto alcuni passaggi, conosciuto diverse storie e cercato gli ostelli con più consapevolezza. 

Se ne può fare a meno? Certamente, ma la tecnologia è un supporto e può rendere le cose più semplici e se ben utilizzata non inquina più di tanto l’esperienza. 

Ho sempre avuto con me la guida di Terre di mezzo, una fatica (per via del peso eccessivo), ben ripagata perché il lavoro di Miriam Giovanzana e Alfonso Curatolo è davvero eccellente. Così come la guida di Pietro Scidurlo, Santiago per tutti, che ha percorso il cammino in carrozzina e lascia ancora oggi ricordi positivi in tanti posti. 

In una delle pagine finali della guida, riguardo la tappa di oggi si può leggere: “La commozione è palpabile, sfidata nella sua intensità dalla folla dei pellegrini, inevitabilmente rumorosa e guascona. Bisogna difendere il silenzio di questa ultima notte, riservarlo agli amici, o agli ultimi stupori. È comunque una notte breve. L’appuntamento è per domani a mezzogiorno sotto le navate della cattedrale per la messa del pellegrino. Per arrivarci, non di corsa, bisogna alzarsi molto presto. Ma non si attarda nel sonno il cuore di chi ha desiderato a lungo di vivere questo momento”. 

Parole queste ultime che ci appartengono da sempre perché mai si è partiti dopo l’alba. 

I discorsi tra noi cambiano e si inizia a fare bilanci, ci si confessa opinioni reciproche e si ripercorrono le tappe. Ci sono sentimenti diversi. Malgrado l’orgoglio per esser arrivati in fondo all’impresa c’è chi non vede l’ora di tornare a casa, chi già rimpiange quanto vissuto e chi vuole godersi attimo per attimo fine all’ultimo passo. 

Io mi sento in forma e molto carico. Per la seconda volta sento bisogno di una colonna sonora mentre scrivo queste poche righe e così grazie a Spotify ricerco “Creuza de ma” di Fabrizio De Andrè. Tradizione e innovazione vanno a braccetto nelle sonorità del grande Faber. Ricerca e cura, accoglienza e consapevolezza del peso delle emozioni ballano dentro cercando anche le parole giuste per capire cosa stia provando dopo tanti giorni in giro. 

Ho scoperto anche uno spaccato di Spagna, piccoli centri che diventano crocevia di lingue, culture, abitudini, storie, intrecci amorosi di tanti giovani che qui si incontrano, faticano insieme, stringono relazioni. Come una biondina ragazza italiana con un sorriso dolce e aperto e un brasiliano riccio e forte. Avranno 50 anni in due. Sono belli da guardare e chissà cosa li avrà indotti a scegliersi. Chissà cosa si porteranno a casa? 

Da parte mia sono contento di arrivare a Santiago, ma al tempo stesso andrei avanti ancora. Il cammino è un’esperienza con tante facce e scopro che questa vita randagia è un po’ impegnativa, faticosa, ma anche molto affascinante. 

Sono passate tre settimane e mezzo dalla partenza. Dopo otto giorni in solitudine ho legato con diverse persone e da allora, con diversi cambiamenti, abbiamo proceduto insieme. Si stabiliscono legami forti, simpatie, momenti di gioia e altri di tensione. Di sicuro torniamo a casa tutti più ricchi. 

“Porto il nome di tutti i battesimi – in una meravigliosa canzone sempre De Andrè – ogni nome il sigillo di un lasciapassare 

per un guado una terra una nuvola un canto 

un diamante nascosto nel pane 

per un solo dolcissimo umore del sangue 

per la stessa ragione del viaggio viaggiare 

Il cuore rallenta e la testa cammina 

in un buio di giostre in disuso 

qualche rom si è fermato italiano 

come un rame a imbrunire su un muro 

saper leggere il libro del mondo 

con parole cangianti e nessuna scrittura 

nei sentieri costretti in un palmo di mano 

i segreti che fanno paura finché un uomo ti incontra e non si riconosce 

e ogni terra si accende e si arrende la pace”. 

Parole che descrivono bene l’emozione di queste ore di attesa prima di riprendere il cammino fino alla piazza della cattedrale. 

Marco Giovannelli
marco@varesenews.it

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Pubblicato il 11 Luglio 2018
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