Daniele Carpi alla KCC

Un'antica cappelletta rurale torna a vivere con un progetto culturale che di volta in volta ospita un artista diverso

Avarie

Prosegue il progetto culturale di Castello Cabiaglio che si prefigge di ridare nuova vita alla vecchia cappelletta rurale del paese, ospitando di volta in volta opere di artisti. Tocca al valtellinese Daniele Carpi.

L’opera di Daniele Carpi è caratterizzata da un’attenzione verso le problematiche della trasformazione della materia, che sente sempre viva e in mutamento, e degli organismi collegati al rinnovamento della natura e alla caducità. L’artista predispone per KCC un lavoro “in perdita”, un busto di argilla – originale per il calco di un’opera in gesso – L’imperatore era un vecchio del 2016 – che ha perso connotati e riconoscibilità; il viso è rivolto verso il muro in un angolo, un po’ come se l’identità venisse nascosta o come se la scultura fosse in esilio.
La figura è considerata una forma pregnante, risolutiva e conclusiva di un percorso costruttivo, che trova riparo all’interno dello spazio quasi confondendosi con l’ambiente, come camuffata dall’uso e dal tempo, che ancora la cambierà fino a dissolverla.
L’opera come residuo, come un momento sopravvissuto del fare, è una riflessione attorno alla “costruzione” delle rovine e, come scrive Marc Augè, sullo sguardo che si posa su di esse. Carpi ci lascia percepire che è il tempo a lavorare, ci fa sentire la durata, la vertigine della rovina. Un invito a sentire il tempo.

KCC è un “artist-run space” situato in una cappella votiva risalente al XVI – XVII secolo. KCC è una finestra culturale, un luogo che vuole suggerire l’importanza della contingenza, dell’effimero, del momento unico e irripetibile, proponendo la precarietà e la leggerezza come valore. Le opere non sono soltanto ospitate in questo spazio ma entrano a farne parte, diventando una presenza che – subendo la contingenza del tempo – si fa assenza e dimenticanza, o, tuttalpiù, memoria. Realizzate appositamente per questo progetto – che si configura come una sorta “stazione” sperimentale” – vivranno di un loro tempo specifico, più o meno dilatato, potranno anche sovrapporsi una all’altra, alcune opere cambieranno, spariranno, altre si aggiungeranno, in un intreccio e minima stratificazione di senso, dialogando per assonanze o per opposizione a sottolineare differenze e inediti punti di vista.

a cura di Valentina Petter

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Pubblicato il 02 Agosto 2018
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