Uva, “Nessun indebito trattamento in caserma”

I giudici della Corte d’Assise d’Appello depositano le motivazioni della sentenza che ha visto assolti gli otto imputati per sequestro di persona e omicidio preterintenzionale

giuseppe uva apertura

I carabinieri e i poliziotti che nella serata di dieci anni fa portarono in caserma Giuseppe Uva dopo l’intervento in via Dandolo a Varese “non potevano essere a conoscenza della grave patologia cardiaca di cui l’uomo soffriva, sconosciuta anche all’interessato”.

È questo uno dei passaggi fondamentali delle motivazioni che hanno portato la Corte d’Assise d’Appello di Milano a decidere per l’assoluzione degli otto imputati – sei poliziotti e due carabinieri – dalle accuse di omicidio preterintenzionale e sequestro di persona con formula piena, “perché il fatto non sussiste”.

Secondo la Corte “è sufficiente la ricostruzione dei fatti emersi, ed effettuata sulla base di tutte le risultanze processuali a disposizione, unitamente alle considerazioni espresse in ordine a ciascuna di esse ad escludere la ravvisabilità di entrambi i reati contestati, anche nella loro materialità”.

Per i giudici milanesi, insomma, “non vi fu alcuni indebito trattamento in caserma di Uva, così come per Biggiogero”; durata del “trattamento” per altro “legittimo e monitorata da due medici”.

Non è provato alcun atto aggressivo posto in essere dagli imputati nel frangente, se non di quello, limitatissimo, strettamente finalizzato a vincere la resistenza opposta da Uva nella fase in strada”, e sono risultate al contrario provate le plurime condotte autolesionistiche che Uva pose in essere”.

In merito all’accusa di omicidio preterintenzionale, il ragionamento della corte si sofferma sul nesso di causalità fra le condotte addebitate agli imputati e individuate come rilevanti dagli appellanti. “Ma se anche, come ipotizzato dal Procuratore generale e parti civili si considerasse lo stress una delle concause del decesso di Giuseppe Uva, rimane in ogni caso impossibile individuare con la necessaria dovuta certezza che cosa abbia in effetti scatenato detta condizione in un soggetto affetto da una gravissima malformazione cardiaca che si era volontariamente posto in condizioni di elevato rischio, assumendo smodate quantità di alcol”.

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Pubblicato il 01 Agosto 2018
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