“Due morti sotto la frana, riaprite l’inchiesta”

Disastro di Cerro, nessun colpevole. Ma i famigliari delle vittime si oppongono all'archiviazione

I primi soccorsi alla frana di Cerro (inserita in galleria)

Sono passati tre anni dalla tragica notte del 15 novembre 2014, quando una frana a Cerro di Laveno travolse un’abitazione e uccise due persone: Giorgio Levati, 70 anni, e Adriana Rochely De Pena Moya, 16 anni, la nipote che dormiva in una cameretta al piano di sotto.

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L’indagine della procura di Varese si è conclusa l’anno scorso, con una richiesta di archiviazione: i periti incaricati dalla pm Sabrina Ditaranto hanno concluso che la frana quella notte fu causata da un evento piovoso eccezionale e dalla particolare composizione e dalla ripidezza dei terreni.

La procura nella sua richiesta di archiviazione riprende le relazioni dei periti e spiega che le intense piogge hanno causato una saturazione degli strati più alti del versante e l’infiltrazione di una falda acquifera nella sabbia a sei metri di profondità, falda che poi ha sterzato verso ovest.

Frana di Cerro, i primi soccorsi (inserita in galleria)

Questo fiume sotterraneo negli strati sabbiosi più alti della collina ha resi insufficienti tutte le opere di ingegneria naturalistica realizzate nel corso degli anni, ma, spiega il pm, “in assenza di studi geomorfologici e idrogeologici, l’esistenza di tale falda non era altrimenti valutabile e dunque il pericolo non era prevedibile”.

L’accusa conclude per una assenza di colpevolezza di chi avrebbe dovuto scongiurare l’evento. 

Si oppongono, a queste conclusioni, gli avvocati Andrea Boni ed Enzo Cosentino, che rappresentano la famiglia delle ragazza morta. I legali sostengono che invece il pericolo si poteva valutare meglio e che era ben noto a tutti che quel versante fosse pericoloso. Il proprietario della collina infatti fece effettuare almeno cinque interventi a causa di alcuni dissesti verificatesi nel 1986. Nulla c’entra, invece, il taglio degli alberi sulla collina: per i consulenti è stato ininfluente poiché la falda giunse a 6 metri sottoterra mentre le radici delle conifere erano a 4 metri (e dunque non avrebbero potuto bloccare lo smottamento).

Gli interventi di ripristino della collina andarono avanti anche nel 2004 (lavori di pronto intervento su siti smottati), nel 2009 (ripristino aree smottate) nel 2009 (taglio alberi) e nel 2012 (riassetto e stabilizzazione versante dissestato). Gli avvocati contestano che il pericolo fosse imprendibile e riprendono una affermazione del pubblico ministero laddove afferma che la tragedia si sarebbe potuta evitare, se fosse stato effettuato uno studio geologico sulla collina.

Roberto Rotondo
roberto.rotondo@varesenews.it
Pubblicato il 20 Novembre 2017
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Commenti

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  1. Avatar
    Scritto da Mar79

    Quali “opere di ingegneria naturalistica” potrebbero essere mai realizzate “ in assenza di studi geomorfologici e idrogeologici” ?

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