Vent’anni di “imprese” gestite da Garavello, tra fallimenti e inchieste

Imprese tessili fallite, gestione di fondi pubblici per l'emergenza freddo, centri di accoglienza per richiedenti asilo. Ogni impresa di Roberto Garavello è finita in Procura

katiusha balansino roberto garavello

Le imprese di Roberto Garavello sono finite spesso con un fascicolo in procura. Anche questa volta l’epopea imprenditoriale del 64enne finisce sul tavolo di un magistrato con la fine dell’esperienza della gestione dei richiedenti asilo in provincia di Varese attraverso la KB srl, società che ha avviato con la moglie Katiusha Balansino.

Dal suo soggiorno dorato in Thailandia ora assiste allo smantellamento del suo piccolo impero dell’accoglienza, lasciando a casa dieci dipendenti diretti  e una cinquantina di ex-ospiti che stavano lavorando per la Kb e che ora si ritrovano in mezzo ad una strada e fuori dai circuiti di protezione internazionale.

L’indagine parte dalla visita della commissione parlamentare sui centri di accoglienza, avvenuta nel 2016 in alcuni centri Kb. La Procura di Busto Arsizio, infatti, sta indagando sulla gestione degli oltre 600 migranti tra il 2014 e il 2018, attraverso l’assegnazione dei bandi della Prefettura di Varese che ha usato la grande disponibilità di immobili dell’imprenditore per rincorrere il continuo flusso di arrivi che ha caratterizzato il periodo 2014-metà 2017. Un flusso che non si è fermato fino al vero e proprio blocco imposto dal ministro Minniti a giugno dell’anno scorso quando il numero di sbarchi è sensibilmente diminuito.

Ma il fiuto per il business dell’assistenza Garavello lo aveva già sviluppato nel 2005 quando finì sotto la lente della magistratura per la gestione dei dormitori inclusi nel piano freddo del 2004 e del 2005 (300 mila euro), a Milano. In quel caso fu il consigliere comunale Ciccioni a inoltrare l’esposto alla Procura della Repubblica, per presunti “reati contro la pubblica amministrazione”.

Ciccioni si chiese in sostanza come fosse stato possibile che le associazioni non profit con decenni di esperienza sull’emarginazione e sul disagio metropolitano, già esperte nella conduzione di dormitori, docce, mense, guardaroba, assistenza notturna in strada ai clochard, ambulatori medici, consulenza legale e quant’altro, siano state accantonate in favore di una “società profit che ha presentato un bel piano formale, ma senza alcuna esperienza di sostanza”.

Lo stesso consigliere comunale ricordava anche come, nel corso del 2003, lo stesso Garavello “ha ottenuto la gestione di due dormitori pubblici per l’emergenza freddo, all’interno però di un precedente servizio aggiudicatogli per docce pubbliche vinto addirittura senza gara, cioé ad assegnazione diretta (via Anfossi e viale Jenner). Due contribuzioni nei medesimi locali”.

Un’accusa pesante alla quale si aggiunge quella di aver, sempre nel 2003, utilizzato fondi per il rifacimento delle docce pubbliche per realizzare una “beauty farm” per anziani con servizi di pregio, massaggi, pedicure, parrucchiere. La domanda di Ciccioni fu spontanea: i fondi pubblici erogati sarebbero dovuti servire a restaurare e riaprire le docce pubbliche per i senza fissa dimora oppure no?”.

Nella brillante carriera imprenditoriale di Garavello, infine, c’è un patteggiamento per bancarotta fraudolenta ad un anno e un mese che risale alla fine degli anni ’90. In quell’occasione le strade dell’attuale sindaco di Busto Arsizio e dell’imprenditore si incrociarono per la prima volta. Emanuele Antonelli, che di mestiere fa il commercialista e si occupa anche di curatele fallimentari, fu incaricato proprio di gestire il fallimento di un’azienda tessile di Garavello, con sede a Vergiate che il primo cittadino commenta in modo lapidario: “Fu una vicenda imbarazzante”.

Orlando Mastrillo
orlando.mastrillo@varesenews.it

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Pubblicato il 21 Marzo 2018
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Commenti

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  1. frenand
    Scritto da frenand

    lui sarà anche colpevole, ma più colpevoli, o collusi?, sono coloro che gli hanno assegnato i vari appalti; i controllori dove erano? cerchiamoli e fuori i nomi!

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