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Sogna Giovannelli in maglia rosa, mentre guida la redazione verso nuove vette. Varesenews visto da un amico della prima ora, oggi professionista affermato nel giornalismo sportivo

ANCHE IO! Grazie a Lorenzo Franzetti


Avrei voluto regalare una maglia rosa al mio direttore. Non l’ho mai fatto, forse perché facevo fatica ad immaginare un Fausto Coppi di cento chili in sella a una bicicletta, ma indubbiamente l’avrebbe meritata. Marco Giovannelli è stato ed è un vero leader che ha costruito una piccola grande squadra attorno a sé. E piano, piano (ma non troppo) ha conquistato i suoi traguardi, successi sudati e meritati, alla faccia di quelli che si ostinavano a non credere che uno scalatore “over weight” potesse arrivare in cima al Campo dei Fiori. Traduco: alla faccia di quanti pensavano che fosse impossibile creare qualcosa di innovativo nell’editoria varesina.

Poco più di un anno, mesi intensi, indimenticabili. Ho lavorato a Varesenews proprio quando il giornale si apprestava a spiccare il volo. Marco Giovannelli mi ha letteralmente raccolto dal nulla, una settimana prima che io decidessi di cambiare mestiere e di rinunciare a un passione. Del resto, il giornalismo ha il potere di alimentare le frustrazioni di molti giovani e quelli che pensavano di vivere tra la cronaca nera di Casale Litta e quella rosa di Varano Borghi erano tra i primi della lista. A volte accade, invece, che le cose prendano improvvisamente una piega diversa.

Varesenews mi ha messo davanti a un computer e a un bel progetto: da allora, non più frustrazioni, ma ambizioni, voglia di crescere. C’era tanta bella ingenuità, ma con le idee chiare. Tra le altre cose, ho cominciato ad occuparmi di sport e in una provincia che vive di pane e pallacanestro non era facile inventarsi qualcosa di nuovo. Ma Varesenews nasceva dai giovani e non poteva certo accontentarsi di coltivare il solito orticello: si doveva pensare in grande, Internet lo consentiva. E così, nelle interminabili riunioni, nelle quali per la verità era la politica a scaldare maggiormente la voce del nostro direttore, si è cominciato a pensare allo sport di casa nostra in chiave meno localistica. È nata così, per esempio, l’idea di raccontare la Coppa America di vela con le testimonianze dei varesini che facevano parte dell’equipaggio di Luna Rossa. In questi progetti, Marco Giovannelli è sempre stato un fiume in piena, ti travolgeva e ti conquistava: bolina, randa, tangone erano diventati i miei compagni notturni, mentre assistevo alle dirette in tivù e comunicavo via mail con la Nuova Zelanda. Prima di allora sapevo a malapena come si andava in pedalò, per un mese ho fatto il Cino Ricci della sponda magra, un Cino Ricci che non sapeva né nuotare, né remare. Eppure l’entusiasmo del gruppo di Varesenews ti trasformava…

E dopo la Coppa America, perché non fare anche il Giro d’Italia? Come e con quali soldi non importava, contava crederci. È stata la maglia rosa a dividere le nostre strade, quella maglia che Stefano Garzelli, settant’anni dopo Alfredo Binda, ha riportato a Varese. Mai frustrare le ambizioni di un giovane, Marco Giovannelli aveva insegnato ai suoi ragazzi a non pensare in piccolo.

Oggi racconto il ciclismo: una volta ispirava Buzzati, Pratolini, Brera e Montanelli, negli ultimi anni si becca invece i giornalisti che si merita. Avrei voluto assistere soltanto a momenti esaltanti, lo sport dovrebbe essere questo, ma ho dovuto scrivere anche pagine molto tristi. Dal giornalismo di provincia, sono entrato in un altro mondo con mille cose da imparare, tranne una, che mi porto dietro da Varesenews: il rispetto per le persone e per questo mestiere, quello che le “grandi” testate perdono spesso di vista. Certo, a tutti voi, magari, resta il rammarico di non aver ancora visto Marco Giovannelli pedalare in maglia rosa: proverò a convincerlo, lo prometto.

Lorenzo Franzetti

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