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Cernobyl, tragedia dimenticata

chernobyl
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27 Aprile 2016

Egr. Direttore,

Sono passati 30 anni dallo scoppio della centrale nucleare di Cernobyl, definita dalla storia la più grande catastrofe umanitaria di tutti i tempi, ma il mondo sembra dimenticarsene. Poche le notizie apparse sui giornali o sulle televisioni. Chi scrive è appena tornato dalle zone che sono ancora contaminate dalla radioattività. Siamo stati a Chechersk, una provincia della Bielorussia che dista circa 120 Km. da Cernobyl con una piccola delegazione del nostro comitato. Abbiamo visitato centri sociali, scuole e famiglie da dove provengono i bambini di Cernobyl che da oltre 20 anni ospitiamo qui a Induno Olona durante il mese di agosto.

Un visitatore disattendo potrebbe tornare da queste zone quasi rassicurato. Il potere locale, come tutti i poteri cerca di dare un messaggio di tranquillità, perché fa comodo, non si creano allarmismi, si diminuiscono di conseguenza le spese sociali e sanitarie a carico della collettività. Le popolazioni che vi risiedono, si sono ormai votate alla rassegnazione. A livello internazionale ci sono poi oggettivamente emergenze di gran lunga più importanti di Cernobyl: dai problemi della immigrazione e da coloro che scappano dalle guerre, alla crisi politica ed umanitaria nella vicina Ucraina.

Ma in queste terre dimenticate da tutti che sono nel cuore della nostra Europa, ci sono tutt’ora tragedie umane che ci colpiscono al cuore, sofferenze e povertà vissute con estrema dignità. In una parte consistente della Bielorussia si vive a contatto della radioattività, che pur essendosi dimezzata nell’arco degli ultimi trent’anni, non fa più paura. Poi insieme alla radioattività che ha il pregio di non vedersi, ci sono situazioni di povertà e di degrado sociale che forse la radioattività ha accentuato. Villaggi fuori dalle strade principali che nessuno vede, case molto povere tutte in legno, prive degli impianti sanitari e di riscaldamento centralizzati, mancanza di negozi e di vita associativa, in cui l’unico rifugio a questo stato di emarginazione è quello di consolarsi con la vodka. Donne abbandonate dai mariti con due, tre o quattro figli a carico che inesorabilmente fanno quasi tutte lo stesso mestiere: Mungitrici, mestiere già di per sè molto umile. Donne che pur nelle estreme difficoltà sono quelle che tengono in piedi questo paese.

C’è solo una cosa che forse potrà passare alla storia di questa immane tragedia in maniera positiva: quella di aver fatto nascere da questa tragedia una grande catena della solidarietà internazionale che nonostante la crisi in cui stiamo vivendo, riesce a sopravvivere. Ospitare un bambino di Cernobyl per le nostre famiglie non è solo un dovere, ma è un piacere, ci fa sentire esseri umani, vivi, testimoni invisibili di quel vangelo che ci vuole tutti fratelli, uniti nell’amore misericordioso di Dio. Come ogni anno siamo impegnati in questi giorni ad organizzare l’ospitalità dei Bambini di Cernobyl che arriveranno il prossimo mese di agosto. Chi vuole condividere con noi questo progetto di solidarietà e portare un po’ di speranza in una terra dove la speranza sembra essere morta, può telefonare allo 0332 200286. Chissà se con un piccolo gesto possiamo cambiare il mondo o se è solo una nostra illusione.

La foto in allegato è di una famiglia che abita in un villaggio della Bielorussia della provincia di Chechersk, Motnevici: Mamma Marina con i figli Yuri, Veronika e Stanislav. una famiglia di una povertà struggente.

EMILIO VANONI – Presidente del Comitato Cernobyl di Induno Olona

Induno Olona, 26 aprile 2016

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