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Crisi Finanziaria: siamo davvero tutti d’accordo sul da farsi?

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18 Novembre 2008

Negli scorsi giorni è apparso sulle pagine dei quotidiani locali un lungo intervento del Segretario di Confartigianato Varese, in merito alla gravissima crisi di questi mesi; crisi che inevitabilmente sta investendo quasi tutti i comparti produttivi ed economici della nostra Provincia.
Chi scrive ha avuto la fortuna/sfortuna di accorgersi dell’articolo solo dopo il caffè, consumato alla pasticceria frequentata sporadicamente nei fine settimana.
Fortuna perché il commento del titolare della stessa, sintetizzato dal gesto delle dita strette all’insù e dalla mano che va avanti indietro, avalla l’opinione diffusa per la quale chi ci amministra (a prescindere dal titolo e dal ruolo istituzionale assolto) è ormai lontano dal quotidiano.
Sfortuna perché mi sono visto associato ed accomunato alla stessa matrice strategico/associativa dell’intervistato…e la cosa non mi rende affatto contento!
Parlare oggi di squadra sa quasi di cattiva ironia. Oggi siamo al “si salvi chi può”, inutile nasconderselo, basta alzare la cornetta e telefonare a casaccio ad una dozzina di imprenditori per sapere come le cose vadano male e come le speranze siano ridotte al lumicino.
La crisi o momento di difficoltà era già in corso da anni; al di là delle parole, degli eufemismi e dei tentativi lessicali di normalizzare e minimizzare le ansie collettive, ora è approdata ad uno stato di paralisi totale ed i tempi per la sua risoluzione non sono prevedibili.
Si rimane esterrefatti di fronte a certe affermazioni, più che tardive, ed alla raffica di inviti, quasi uno scaricabarile un po’ sulle spalle di tutti, soprattutto Provincia, Regione, Governo/Stato.
D’accordo: ruolo delle banche, confidi, coordinamento territoriale, tutti concetti in parte condivisibili. Non dimentichiamo però che le imprese sono in crisi certamente per l’economia globale ma anche per scelte scellerate a livello strategico, normativo e politico.
Tiriamo fuori dal mazzo a caso?
Incentivare ed aiutare le nostre aziende ad “andare fuori”: sappiamo cosa abbia significato in termini di conseguenze reali?
La Regione Lombardia ha persino un ufficio di rappresentanza in Cina (dove approdano i grandi…non i piccoli). Ci siamo andati in missione persino come Provincia di Varese (Presidenza Reguzzoni) per dire che le nostre imprese esistono, sono belle, devono essere rispettate ecc. ecc. però molti gadget di Varese2008 sono sì stati fabbricati in Italia ma con materiale di provenienza cinese o asiatica.
E dire che di filature ne abbiamo sul territorio!
Fare squadra?
Quale squadra se da tempo gli imprenditori che hanno potuto farlo hanno chiuso e/o delocalizzato e sono sparite professionalità e lavoro ( “tanto per un tessile che chiude io porto a casa un muratore albanese”: concetti espressi da dirigenti di strutture di categoria).
Od ancora: quando come ACAI (son dieci anni ormai) andavamo predicando che servono migliorie, anzi l’abolizione degli Studi di Settore, altri si permettevano non solo di difendere lo strumento ma addirittura di siglare revisioni (al rialzo) degli studi stessi (novembre 2006).
Andiamo oltre.
Chi e quando ha deciso che Varese doveva buttarsi dentro Malpensa, per scommettere sullo sviluppo locale? Dietro tutti: serbatoio occupazionale, opportunità di sviluppo, area congressuale, così via. Va bene ma le nostre aziende?
Risultato: con Malpensa al palo nemmeno l’uscita di sicurezza ha funzionato! Certo abbiamo la scusante Alitalia (vedremo il dopo Alitalia, se saranno rose o spine).
Saggiamente gli organi di governo della CCIAA di Varese, dove siede una nutrita compagine di rappresentanti dell’Associazione diretta dal Dott. Bergamaschi, sembrano molto preoccupati dall’avvio di utili progettoni come l’albergo a Biumo, le ristrutturazioni di Ville Ponti, l’uso della telematica a oltranza ecc. ecc.
Signori, parliamo di quattrini, non noccioline, specie di questi tempi; siamo in emergenza: queste ed altre cose, magari utili in tempi ordinari, vanno accantonate per un po’ di anni!
Quasi un mese fa abbiamo trasmesso una richiesta al Presidente della CCIAA per convocare un coordinamento/ unità di crisi che vada a monitorare o gestire la situazione, nei limiti delle possibilità territoriali.
Ad oggi nessuna risposta. Abbiamo forse paura di dire che non ci sono facili soluzioni? Quindi ci è ancora di conforto il tirar su palazzi…noi che “manco” riusciamo/possiamo far decollare il polo fieristico/congressuale di Malpensafiere.
Proseguiamo:la burocrazia.
Se la burocrazia imperversa e le leggi lievitano, se i costi ed i rischi per le italiche assurdità proliferano “a go go” è certamente colpa di un sistema pubblico ed istituzionale malato(ormai non solo a livello centrale).
Domanda: cosa si è fatto nel concreto per arginare e contestare questo status di cose, quando in fondo ogni nuovo adempimento, legge, novità si trasforma per miracolo in corso, aggiornamento, servizio, aiuto, finto e fittizio strumento di competitività da proporre ai nostri soci imprenditori (che sono già in crisi per altre assurdità)?
“Usateci regolarmente”, diceva qualcuno con in mano l’annaffiatoio: è questa la filosofia del sistema/squadra che abbiamo in mente?
Mi reputo molto ottimista per natura; oggi fatico ad esserlo, non certo per l’intervista letta qualche giorno fa, bensì per motivi, rapporti, scambi ed una conoscenza del quotidiano che non intendo ostentare; penso altresì di essere in buona compagnia, vedo le difficoltà e temo che le soluzioni siano poche e ostiche da individuare ed attuare. Magari ci fossero ricette magiche!
Vacillo quando mi capita di leggere la facilità con la quale si ritiene possibile uscire da una situazione generale che è ormai un campo minato, diventato tale nel corso degli anni, non in due mesi o per il crollo (conseguenza) di aleatori indici di borsa.
Come già scritto penso che l’ambito preferenziale per dibattere di tematiche simili sia costituito dalla Camera di Commercio.
Malauguratamente però non sembra possibile cogliere dalla stessa quelle sensibilità sufficienti per una comprensione dei problemi odierni.
Forse i silenzi camerali di oggi (trasversali, va detto) sono precursori del futuro al ribasso di un ente che rischia sempre più di limitarsi ad assolvere a mere funzioni burocratiche, pur indorate ed incipriate dalla telematica, insomma un ufficio autoalimentato, esattore di diritti e concessioni di iscrizione.
Un ente che sta perdendo la propria identità, partecipato nella conduzione/governo ma al quale forse nessuno più crede, se non per la gestione dell’immagine o dei particolarismi che stanno a cuore, un ente impaurito od eccessivamente politicizzato, pur fuori dalla politica nell’accezione ampia del termine;
A questo punto non possiamo permetterci il lusso di restare alla finestra e ci rivolgiamo alla politica, nel senso stretto, che “a casa nostra” è rappresentata dal Presidente della Provincia di Varese.
A lui rivolgiamo un appello affinché convochi, istituisca ed avvii un confronto, ampio come mai in passato, per cercare di fare per prima cosa “la nostra parte” (quella locale) consapevoli della sua pochezza e limitatezza.
Se il Presidente Galli, che ha una profonda conoscenza del mondo d’impresa, riuscirà a dar corso ad una simile iniziativa, avremo già dato un segnale di speranza e di fiducia.

Enrico Marocchi, presidente provinciale Acai

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