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Emiliano e il Pd meridiano

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9 Aprile 2011

Caro direttore,
l’approdo verso ipotesi organizzative di macroarea, andando “oltre” l’iniziale progetto di articolazione regionale del Partito Democratico, era decisamente leggibile già tre anni fa nelle mappe elettorali di una sorprendente affermazione della Lega Nord. Una vittoria a largo spettro che si materializzò come la rivincita del territorio e degli interessi locali contrapposti, a scapito di un modello perequativo di convivenza sociale. E che tendeva a sbiadire i contorni di un’atavica ed irrisolta questione meridionale, per tracciare i confini di un’alquanto improbabile questione settentrionale.
Già allora, tra le brume di un orizzonte più soffocante, si delineava la necessità per il Sud di farsi consapevole del peso reale avuto dalle sue risorse umane, naturali, finanziarie, intellettuali, patrimoniali e spirituali nel processo evolutivo e storico del Paese e del suo Nord in particolare. La storia del Mezzogiorno, dall’Unità d’Italia in poi, è stata una continua trasfusione delle sue risorse migliori, verso quel Nord: cuore pulsante dell’economia nazionale, nella perenne speranza di un chimerico ed evanescente riscatto.
Dapprima le braccia e le pance, per sostenere un boom economico a unica trazione settentrionale. Successivamente è stata la volta dei risparmi, che poco a poco dai libretti vincolati delle banche del Sud sono finiti sui conti correnti scoperti delle aziende del Nord o nei giochi di Borsa di una Milano industriale, che risucchiava risorse come un’idrovora. Poi è arrivata l’inversione di tendenza dei flussi in genere. Ma questa volta a tornare giù è stata solo una marea di rifiuti nocivi. Riversata nei sottosuoli di un Sud da sempre costretto alla sete più dannata, e pertanto votato al pragmatismo accidioso del “poco, maledetto e subito”, anziché proiettato verso una più coraggiosa e lungimirante visione programmatica.
Ma il saccheggio incessante non si è limitato ai soli settori tangibili e primari. Da qualche tempo si è raffinato, assumendo gli aspetti eleganti e persuasivi dello sviluppo sostenibile. Non certo per il Sud, che continua ad accontentarsi delle cosiddette briciole. Quanto, ancora una volta, per quel cuore pulsante che una crisi senza precedenti rischia di collassate in maniera seria. Ed allora si prendono i Fas (Fondi europei per le aree sottosviluppate), per sostenere aree e settori tutt’altro che sottosviluppati. Si prende il vento, attraverso le pale di moderni mulini che non producono più per i bisogni e la ricchezza dei suoi territori, bensì per esigenze di sviluppo terze e per crescenti e lontani fabbisogni energetici.
Ora si prende persino il sole, i cui raggi sono diretti verso invadenti pannelli foto-voltaici, anziché incanalarli lungo i solchi di una produzione agricola più genuina, più tipica e più rispettosa dell’intangibile ed incommensurabile patrimonio delle tipiche identità agro-alimentari territoriali.
C’é rimasta una sola cosa: il Mare nostrum, a cui ancorare le speranze e le ambizioni dei vari Sud ripetutamente mortificati e bistrattati. Quel Mediterraneo culla e crocevia di civiltà, ponte naturale tra etnie da sempre segnate dal sole e dal sale, archivio formidabile di cultura, creatività e ricchezze d’ogni genere. Opportunità per un riscatto niente affatto scontato, tutto da perseguire e tutto da modellare con tenacia, orgoglio e rinnovato spirito levantino.
Il merito di Michele Emiliano è quello di aver colto l’attimo di una manifesta rassegnazione generale, nel Sud come nel Pd, e con l’irruenza che gli è tipica di provare a scuotere gli animi, per far presa nell’estremo scatto d’orgoglio di ciascuno ed esortare tutti “a raddrizzare la schiena”. Chiede di seguirlo su un percorso ancora inesplorato, magari insidioso, ma vitale per il futuro di un’esperienza politica che da pugliese possa farsi modello dapprima per il Sud, e trama segnata, poi, per il mosaico nazionale di un ritrovato Partito Democratico.
Ciò che rende condivisibile il progetto è l’assunzione di responsabilità di un Sud che vuol farsi protagonista del proprio futuro. Dando forma politica all’urgenza di riportare in primo piano una “questione meridionale”, che sia complementare e non alternativa ad ogni altra legittima rivendicazione. Sapendo di essere vitale per il rilancio economico, sociale, morale e produttivo dell’intero Paese. In pratica, alle spinte secessioniste di Umberto Bossi e agli strappi laceranti del Carroccio, contrapporre la forza dell’accoglienza e le radici nobili di una cultura mediterranea antica e moderna quanto il mondo.
Per la verità, lascia perplessi la presenza istituzionale, all’evento barese “Mezzogiorno di fuoco”, di figure del partito non proprio di ultima generazione (Bindi, Fioroni, Marini, D’Alema). Sarà pure tutto il Pd, ma è quello che c’è. L’auspicio è che il nuovo riesca a venir fuori con sana prepotenza. Sarebbe davvero un peccato se quella che, per detta degli stessi organizzatori, vuol essere una rivolta del centrosinistra del sud non si trasformasse in una salutare rivoluzione. E questa volta non solo per il Sud!

Antonio V. Gelormini

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