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Gheddafi e la “rivoluzione” libica

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23 Agosto 2011

Egregio Direttore, 
mi consenta il prof. Barone di dissentire dalla sua apologetica difesa del dittatore Gheddafi, che se sta al potere da oltre 40 anni vuol dire che l’ha saputo tenere ben saldo nelle sue mani eliminando o mettendo a tacere ogni opposizione. Anche se dei meriti in passato può aver avuto, riscattando la sua terra e il suo popolo dal giogo delle potenze occidentali, soprattutto degli U.S.A., è innegabile che il suo governo si sia nel tempo sempre più imbarbarito trasformandosi in una opprimente dittatura, soffocando ogni voce di dissenso che si levava contro di lui ed il suo entourage. Tanto da sollevare una forte opposizione interna, non so giudicare quanto “democratica” possa essere in quanto mi mancano metri oggettivi di giudizio.  
D’altra parte è innegabile il significato di guerra coloniale di conquista che il prof. attribuisce a questa “sporca guerra di Libia”, come ama definirla, in cui approfittando del risveglio di una opposizione – da essi favorita ed armata- i governi occidentali, Italia compresa, si sono gettati a capofitto per eliminare il dittatore, ma soprattutto per i probabili vantaggi economico-petroliferi che sperano di ricavarne. Pertanto non sarei così caustico ed unilaterale nel giudizio: staremo a vedere come si muoveranno i nuovi governanti della Libia per capire se e quanto di veramente “democratico” c’è stato in questa “rivoluzione”.
                                                                                          
Giovanni Dotti

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