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Grazie Nanni, pescatore di mille storie

lago maggiore angera
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29 Agosto 2017

Caro Nanni

le radici hanno le gambe lunghe e ce le portiamo dietro come le sue canzoni, capaci di ridesegnare le nostre esistenze in un viaggio pieno di sorprese, di cadute, di risalite.

La settimana scorsa ero ad Angera, non troppo distante dalla sua Porto Valtravaglia che l’aveva adottata senza svestirla dell’inguaribile milanesità, combustibile di arte popolare. Ogni volta che ci torno, precipito con lo sguardo in direzione di Luino, ruoto come un compasso, aspettando che il tramonto spenga tutto e un fascio di luci artificiali illumini la sponda piemontese della dirimpettaia Arona.

Canticchiavo Brassens e ripensavo a lei, alle sue traduzioni che fecero del dialetto della sua terra l’argilla con cui impastare nuove frontiere geografiche e letterarie: la sua Milano gemellata con la Sète di George, perché le storie di noi gente semplice sono svezzate dietro le quinte della vita e poi destinate a brillare, dopo il meritato riscatto sociale, sotto i riflettori del palcoscenico di un teatro.

Sulla sponda lombarda del Maggiore immagino storie, ma non riesco mai a completarne una. Nanni, le dedico questo scatto con l’ultimo filo di luce. Prima o poi arriverà il barcaiolo, proprio come lei che amava la navigazione di questo lago.
Lei è stato pescatore di mille storie, le ha fatte diventare le nostre, ricordandoci che senza i dialetti il nostro verbo sarebbe monco. Il dialetto come le radici non ha né colore politico né religioso.

Il suo canzoniere ci ha insegnato che dialetto e radici hanno i colori e le mille sfumature dei nostri sogni. Dovremmo tornare a insegnarlo ai nostri figli, piuttosto che renderli pappagalli anglofoni.
Grazie maestro e buona navigazione in questo lago insieme a Gaber, Fo e Jannacci. I moschettieri sono tornati ad essere quattro.

Rosario Pipolo

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