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Il federalismo? Lo facciano le regioni

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24 Novembre 2008

Gentile Direttore,
rispondo alla lettera del lettore Sig. Luciano Lucchina pubblicata ieri sotto il titolo “La Lega e l’Italia”, precisandogli innanzitutto che io non disprezzo (così come ‘sentenzia’ lui), non gli “aderenti a tutte le leghe”, bensì “i seguaci delle varie leghe” (come ho sempre definito gli esponenti di quella forza politica che, a mio avviso [o purtroppo], non ha nel proprio Dna il rispetto dei valori dell’Unità nazionale, e ciò è per me e sufficiente per definirli, “absit iniuria verbo”, come sopra).
Ad ogni buon conto, siccome non mi pare di avere offeso nessuno, ma esclusivamente manifestato o esternato il mio parere, soprattutto sul concetto di Unità nazionale; come ripeto, il Sig. Lucchina non dovrebbe sentirsi offeso perché, per quello che mi riguarda, non ha motivo per farlo (salvo che non sia un suo problema). Lui è convinto della ‘bontà del federalismo (e lo cita in salsa svizzera, tedesca, america, australiana); io lo sono del contrario, giacché con formazioni politiche che ‘fomentano’ una specie di ‘secessione strisciante’, il cd. federalismo potrebbe essere l’anticamera della disgregazione dell’Italia unita.
Qualcuno più istruito di me ha scritto che: “Il federalismo va bene tra Stati che si vogliono unire, non tra Stato che si vorrebbe dividere”; bene io, nel mio piccolo, la penso esattamente così. In ogni modo se si deve fare il federalismo, occorre che tutte le 20 Regioni ìItaliane trovino l’accordo (e siano d’accordo) nel farlo, e non solo una parte se pur consistente del paese che, seppure con qualche ragione, dimostra di essere alquanto egoista, non ricordando i milioni di Caduti di tutte le Regioni d’Italia, per l’Italia, a partire dalla Prima Guerra Mondiale).
Si tranquillizzi il Sig. Lucchina: “Il rispetto per le formalità (?) e l’amore per la Patria”, non mi impediscono di vedere la piaga dell’emigrazione dal Sud al Nord. E come potrei? Non avevo ancora sedici anni quando, nel novembre 1956 ho lasciato la Calabria per recarmi al confine italo-svizzero, lavorando a Chiasso e vivendo (non a Varese, come da Lei precisato), ma a Ponte Chiasso (recandomi a Varese di tanto intanto per incontrare un mio zio materno in servizio nella Guardia di Finanza di quella Città). Sono peraltro lieto delle parole di elogio del Sig. Lucchina sulla laboriosità dei (suoi amici) calabresi, anche perché questo può servire per sfatare la leggenda metropolitana che i meridionali siano ‘fannulloni’, bensì evidentemente delle persone come altre che hanno a cuore la dignità del lavoro e il benessere delle proprie famiglie costretti, per questo (come avevo dovuto fare io) a lasciare la propria terra per un futuro migliore (abbandonando purtroppo la possibilità di studiare).
Nel mio piccolo, dopo avere lavorato a Chiasso quei famosi tre anni (1956-1959) sono ‘emigrato’ in Francia ove sono rimasto in un Collegio dei Salesiani per lavorare e studiare il Francese (purtroppo per quel periodo di lavoro non avevo potuto farmi mettere in regola, giacché se avessi accettato un contratto nell’Agricoltura, non avrei più potuto combiare tipo di attività; tuttavia mi era servito per lo studio della lingua). Ritornando in Patria, sono partito per il servizio militare di leva (come ‘volontario’, ottobre 1962), prima a Palermo, poi a Napoli e finalmente a Bologna, ove sono rimasto in servizio fino ad aprile 1964, restando in questa Città per trovare un lavoro e sistemarmi, cosa che è stata piuttosto difficoltosa fino al marzo 1966, quando avevo trovato un impiego alla Montecatini di Bologna, e da dove, nel 1968, a seguito della fusione con la Edison, ero stato trasferito a Milano, fino a quando, nel marzo 1970, accettando un impiego in un’azienda di Sasso Marconi, ho lasciato la Lombardia operando in quest’ultima azienda per trentadue anni e otto mesi, andando in pensione nel mese di dicembre 2002 con quarant’anni di contribuzione. Quindi, se il Sig. Lucchina non ritenesse che io, nella mia vita, non abbia fatto il mio dovere, ritengo che si sbagli, e di grosso!
Non ho presente la lettera di cui parla il Sig. Lucchina citando Kirk Douglas (che forse si riferisce al film “Niente di nuovo sul Fronte Occidentale”). Probabilmente se l’avessi letta, avrei forse espresso un mio punto di vista, approfittando della ‘benevolenza’ del Direttore di questa Rubbrica per la pubblicazione.
D’accordo con il Sig. Lucchina sul quarto capoverso della sua lettera.
Riguardo l’indicazione dei confini dell’Italia, io mi sono sempre riferito a quelli attuali, intesi come confini geografici, senza entrare nel merito delle problematiche esposte dal Sig. Lucchina, precisandogli tuttavia che, avendo lasciato il Canton Ticino ben 50 anni orsono, è per me un po’ difficile ricordare bene le loro abitudini!). D’altra parte, se i ticinesi, sebbene visti con la ‘puzza sotto il naso’ dai loro compatrioti zurighesi “sono molto orgogliosi di essere svizzeri” , alla stessa stregua, io sono orgoglioso e trovo ‘attraente’ (di) essere Italiano, di amare la (mia) Bandiera, il Tricolore e le Istituzioni della (mia) Repubblica (Italiana).
Bene sul fatto che facciamo parte dell’Europa, tuttavia non posso condividere il pensiero del Sig. Lucchina, che conclude con ‘belle parole’ (per lui), ‘insidiose’ (per me) riguardo la ‘costruzione di uno stato federele’: i motivi li ho già esposti più sopra. Oppure, vuole egli il cd. federalismo? Bene, si istituisca un’Assemblea Costituente, come quella proposta ultimamente da Fini e D’Alema e si proceda in questo senso fino a quando non si raggiunga una accordo che vada bene a tutti gli Italiani, e non solo a quelli, più o meno, della zona di residenza del Sig. Lucchina.
La saluto anch’io, Sig. Lucchina, sperando di avere soddisfatto la Sua ‘speranza’ nell’averLe risposto, certamente in maniera non ‘irata’ e ‘stizzosa’ come aveva sentenziato Lei (prima di così mi è stato impossibile, giacché ieri ho avuto l’alto onore di organizzare, curare e dirigere una S.Messa in suffragio per i Caduti di tutte le guerre per l’Italia, XIII edizione, nella Chiesa della mia Parrocchia, alla presenza di un gruppo qualificato di Autorità Militari e Civili di Bologna, che mi hanno onorato con la loro presenza. Quando [e se] diventeremo ‘amici’, potrei indicarLe il mio sito affinché si possa rendere conto della bontà delle mie asserzioni).
Sentiti ringraziamenti anche a Lei, Signor Direttore, e alla Redazione, sperando di non ricevere (altri) improperi da coloro che si dovessero ritenere offesi (a torto, s’intende!) dai miei punti di vista.

Fortunato Galtieri

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