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Il governo Berlusconi ha lasciato la scuola in mutande

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11 Aprile 2007

Egregio direttore,
l’ultima lettera del signor Carollo, noto sostenitore della Lega nord, mi offre l’opportunità di parlare di scuola.
Al fine di ristabilire la verità dei fatti, è bene ricordare quanto segue.
Il governo Berlusconi, di cui la Lega Nord faceva parte, dopo avere lanciato il famoso slogan delle tre I: inglese, internet, impresa, ha lasciato una scuola statale più povera e precaria mentre, di fatto, quella privata è diventata più ricca. Dal 2001 al 2006, infatti, nella scuola pubblica, gli alunni sono aumentati ma i docenti sono diminuiti. Le casse degli istituti hanno avuto meno soldi da spendere sia per le attività didattiche sia per il funzionamento pratico. E ancora: le aule sono state più affollate e il numero di insegnanti precari è stato da record. A farne le spese sono stati in primo luogo i più deboli: i portatori di handicap. Al contrario, le scuole private hanno ricevuto più soldi.

Secondo il pedagogista Benedetto Vertecchi “tra il 2001 e il 2006 è cambiata la linea di sviluppo del sistema scolastico italiano: fino al 2000 era di tipo solidale: la preoccupazione principale era di non determinare eccessive differenze fra le classi sociali. Per questo si abbondava nel numero degli insegnanti alla scuola dell’infanzia e all’elementare con lo scopo di aiutare gli alunni con maggiori difficoltà”. Con l’avvento del governo Berlusconi la rotta è cambiata: “Nel 2001 si è fatto avanti un modello di tipo competitivo di stampo inglese o americano. La riduzione della spesa ha comportato una specie di selezione naturale per i più deboli e condizioni di favore per i più capaci”. Ma “il sistema è complessivamente regredito”. “Il passaggio dal modello solidale a quello competitivo è avvenuto in modo imperfetto. Il peggioramento delle condizioni per i più deboli non è stato compensato da un equivalente miglioramento per i più fortunati e i dati Ocse oggi lo dimostrano ampiamente”.
Per quanto riguarda il personale della scuola, la politica del governo Berlusconi è stata improntata ai tagli. Complice la Finanziaria del 2003, il cosiddetto organico di diritto – quello che garantisce la stabilità del sistema-scuola – è stato compresso al massimo: meno 13.260 posti per immissioni in ruolo, trasferimenti e supplenze. E se il ragionamento sull’organico di diritto può sembrare artificioso, basta conteggiare i docenti in carne e ossa. Quelli a tempo indeterminato nel 2006 erano appena 709 mila e 800: 26 mila in meno di quattro anni prima. In compenso i precari – quelli che, loro malgrado, contribuiscono a rendere il sistema più instabile – sono aumentati del 26 per cento. In cattedra un docente su sette (122 mila in tutto, contro i 97 mila del 2001) era precario. Ma in totale – fra supplenti e di ruolo – i docenti sono diminuiti di quasi mille unità.

La musica non cambia se si analizzano i finanziamenti arrivati nelle casse delle scuole. In soli quattro anni, i fondi per le cosiddette spese di funzionamento delle scuole – i soldi che servono per comprare dai registri di classe alla carta igienica, passando per computer e stampanti – si sono quasi dimezzati (meno 44 per cento). Stesso discorso per i finanziamenti destinati ai Pof (i Piani dell’offerta formativa) delle scuole statali: i documenti che pianificano le attività educative delle scuole. Nel 2001, i Pof delle scuole ricevevano 258 milioni di euro, nel 2006 197: un taglio netto del 24 per cento. Il governo – in compenso- ha messo in campo una politica di trasferimento di fondi che sono serviti a finanziare le scuole private e la finanza creativa di Tremonti.

Senza dimenticare che il periodo berlusconiano ha lasciato tracce pesantissime anche
nei rapporti scolastici tra docenti e studenti con la degenerazione, ad esempio, del gravissimo fenomeno del bullismo.
E’ evidente che questi dati dimostrano, con buona pace del signor Carollo, che il governo Berlusconi ha lasciato la scuola in mutande. L’Ulivo ha ereditato una scuola dove regnava tanta incertezza che si traduceva in malessere degli insegnanti e superlavoro delle segreterie. Una scuola dove solo il corpo docente riusciva a tamponare a fatica la situazione. In un anno il governo Prodi ha fatto il possibile incominciando innanzi tutto a rilanciare la centralità della scuola.

La Finanziaria 2007, infatti, ha garantito “certezze e sicurezze” alla scuola italiana. E anche qualche risorsa economica in più se è vero che tra il 2006 e il 2007 l’incremento è di 370 milioni di euro.

La prima certezza è quella dell’autonomia scolastica alla quale la manovra ha ripartito 2 miliardi e 700 milioni contro i 100 milioni precedenti. Ciò aumenterà i livelli di efficacia ed efficienza dei singoli istituti che non saranno più solo “progettifici per recuperare soldi. In quest’ambito si inserisce la creazione dell’Agenzia nazionale a sostegno dell’autonomia scolastica che coadiuverà le scuole consentendo anche economie di scala perchè veranno riorganizzati gli attuali 20 enti di servizio. Di fatto sono stati tagliati 20 consigli di amministrazione, 20 amministratori delegati, 20 sedi, con tutto quello che ne consegue a livello di riduzione di sprechi.

La seconda certezza è quella dell’edilizia scolastica cui sono stati destinati 250 milioni di euro. Non ci saranno più proroghe alla 626 (la legge sulla sicurezza). La proroga, fino al 31 dicembre 2009, scatterà solo dopo che Stato, Regioni ed Enti locali avranno siglato un patto per stanziare, a loro volta, risorse. Si è imposto uno stop anche ai concorsi a premi sulla sicurezza nelle scuole. Era, infatti, ridicolo premiare le scuole quando la maggior parte degli edifici non erano a norma.

La terza certezza è l’assunzione di parecchie migliaia di nuovi docenti e amministrativi tecnici ausiliari (Ata) che verranno assorbiti nei prossimi 3 anni, dal 2007 al 2010.

La quarta certezza è l’ingresso degli istituti tecnici e professionali nell’ordinamento scolastico. Avranno pari dignità e consentiranno la nascita, nel nostro Paese, di una formazione tecnica finalizzata anche al mondo del lavoro.

La quinta certezza è l’introduzione della defiscalizzazione di 1000 euro per tutti gli insegnanti, anche quelli con incarico per un anno, per la spesa effettuata per l’acquisto di personal computer.

Per il signor Carollo forse queste certezze sono troppo poca cosa. Ciò, tuttavia, ci rafforza nella convinzione che, per quanto riguarda la scuola, stiamo andando nella direzione giusta!

Fabrizio Mirabelli - Segretario DS Varese

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