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Il patrimonio che non si può dislocare

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8 Maggio 2013

Egregio direttore,
la crisi indotta dalla politica dell’austerità voluta in primis dalla Germania e Paesi satelliti, ha provocato una migrazione di migliaia di migliaia di cittadini sud europei,italiani e spagnoli per la maggiore, verso appunto la Germania e Paesi nordici per accedere ad un lavoro dignitoso assolutamente introvabile in loco, si richiede personale unicamente specializzato tecnologicamente, ma anche medici e infermieri di provata capacità.
Forse sia questo il nostro immediato futuro, e quello della nascitura Europa stessa? Così come negli anni sessanta si prendeva il treno della speranza diretto al nord ma anche a Torino, ora il passo è un poco più lungo, occorrerà imparare una lingua aostica, ma in compenso la tratta chilometrica viene coperta più velocemente e con maggior conforto, forse la nuova Europa assumerà sempre più questo aspetto, concentrando sulla Germania il fulcro della produzione industriale europea, instaurando automaticamente quel pendolarismo settimanale, come già da mezzo secolo tra Varese e Milano o tra Cuneo e Torino; si presume in cambio che paesi come il nostro ed altri mediterranei potrebero offrire un eccellente turismo, e prodotti alimentari di buona qualità e pregio.
A conforto di tutto questo il fatto che gli impianti tecnologici industriali si possono dislocare al nord, ad est fino alla Cina, ma la bellezza naturale ed il patrimonio storico italiano no…quello qua rimane.
I longobardi occuparono l’Italia nel 568 fondando un regno durato fino il 774, poi tornarono al nord fino al Baltico… nulla di nuovo mi pare, cambiano i nomi ma i cromosomi mai.

Giorgio Premoli

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