L’odioso ricatto
17 Aprile 2009
Egregio Direttore,
mi sembra che, paradossalmente, le tesi referendarie siano giustificate proprio dal ricatto leghista che vuole costringerci a buttare al vento almeno 300 milioni di euro in un momento così drammatico per la Nazione.
Se un partito che rappresenta a malapena un italiano su venti può permettersi di imporre al Paese intero il proprio interesse di bottega facendolo pagare a tutti noi, allora significa proprio che c’è qualche cosa che non va in questo sistema.
Questo referendum è stato indetto per ovviare a una legge elettorale definita "una porcata" dal suo stesso ideatore, il leghista Calderoli.
Il Parlamento ha avuto tempo per ovviare almeno alle norme più odiose – quelle che regalano ai partiti la scelta degli eletti, per esempio – e non l’ha fatto anche a causa della opposizione di frange che hanno privilegiato il loro interesse rispetto a quello nazionale.
In ogni caso, la pretesa di osteggiare il referendum puntando sul "non voto" dei cittadini anzichè entrare nel merito dei quesiti è un chiaro segno del decadimento di una politica che non sa più proporsi come confronto di idee.
La storia dell’Italia, dopo la dittatura fascista, è stata a lungo segnata dal contributo di piccole forze politiche: pensiamo ai liberali nei primi anni del dopoguerra e poi, soprattutto, ai repubblicani che furono spesso determinanti nella formazione dei governi.
Partiti piccoli numericamente ma con una grande forza che derivava dalla autorevolezza delle proposte politiche ed economiche che formulavano.
Mai queste forze politiche ricorsero al ricatto dei numeri, neppure quando erano determinanti.
Alla base del loro agire stava infatti "quella certa idea dell’Italia" che sembra oggi persa in molte forze politiche.
Per questo è oggi grave anche questa "piccola questione" del referendum elettorale.
Il ricatto a cui siamo sottoposti dalla Lega è odioso: o buttiamo al vento almeno 300 milioni in questo drammatico momento per il Paese oppure rinunciamo a un esercizio di democrazia.
E’ un ricatto inaccettabile in una Repubblica libera.
Un cordiale saluto
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