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L’offensiva secessionista di un ministro della Repubblica

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20 Agosto 2011

La logica non lascia scampo ai seguaci di Umberto Bossi, giacché li pone di fronte al seguente dilemma:
a) o il loro leader è un capocomico, una macchietta che, fra lazzi, gestacci e pernacchie, ‘fa la mossa’ e allora, in tal caso, va consegnato, se non alla commedia dell’arte, al folclore padano di quelli che il grande filologo Gianfranco Contini definiva “Calibani gutturaloidi”;
b) o il loro leader, che è anche ministro del governo Berlusconi (lo ricordiamo a chi lo avesse dimenticato, cosa possibile perché mai nella storia della Repubblica si è dato il caso di un ministro che incita a spaccare lo Stato unitario), è in grado di intendere e di volere e, quindi, non si limita ad usare un linguaggio colorito, ma, sia oltraggiando i simboli della nazione (dal Tricolore all’Inno di Mameli) sia contrapponendo l’avvento prossimo venturo della Padania all’Italia “che va giù”, come ha affermato recentemente in un comizio tenuto a Schio, persegue l’obiettivo di infrangere la legalità repubblicana e commette, in tal modo, un’azione di estrema gravità.

Per quanto mi riguarda, ritengo che, attribuendo a Bossi la piena responsabilità mentale, politica e morale di quanto dice e propone, io gli rendo, in un certo senso, onore, mentre coloro che considerano le sue esternazioni come il frutto di sparate da comizio per tener buona una base sempre più riottosa o come il prodotto retorico di una fraseologia pittoresca mostrano, che siano suoi seguaci o che siano suoi
avversari, di trattarlo, né più né meno, che come un ‘minus habens’. Sennonché, allo stato dei fatti, risulta ‘ad abundantiam’ che Umberto Bossi è recidivo nel commettere un reato che, già odioso per un normale cittadino, diventa in un ministro, che ha giurato fedeltà alla Repubblica, una palmare manifestazione di tradimento della fiducia accordatagli dal Parlamento e, dunque, dalla nazione: un reato che implica, peraltro, la violazione di quella dignità e di quell’onore che la nostra Costituzione, nell’articolo 54, esige da ogni persona che eserciti una funzione pubblica, tanto più se
si tratta di un ministro della Repubblica.
Avendo sempre riconosciuto all’ideologia leghista, pur giudicandola ripugnante e aberrante, il significato di una ‘forma della coscienza sociale’ radicata in un certo tipo di realtà economica e territoriale, non posso non valutare, pertanto, le prese di posizione assunte da Bossi come estremamente gravi e, dunque, tali da rendere necessari sia l’intervento della Magistratura che l’intervento del Capo dello Stato.

Infine, desidero ricordare che l’Italia è il Paese delle cento città, un Paese lungo e vario, dove tuttavia non mancano decine e decine di milioni di Italiani decisi a difendere con ogni mezzo legittimo, insieme con la Costituzione nata dalla Resistenza, la “Repubblica una e indivisibile” (articolo 5 della Costituzione). 

Italicus

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