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La scuola ha smesso di essere ascensore sociale

Scuola Primaria Lozza
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30 Giugno 2018

Buongiorno,
eccomi qua, riemerso dopo tre settimane da una polmonite aggressiva quanto indesiderata (con relativo ricovero ospedaliero); tutto in via di risoluzione.

Eccomi qua, dicevo, a rispondere  alle centinaia di testimonianze di stima e di affetto che mi hanno letteralmente travolto, da parte di amici, colleghi, genitori e principalmente da parte di “studenti di oggi, di ieri e del secolo scorso”.

Durante la malattia ho avuto modo di riflettere: implicitamente ma, in modo inequivocabile, attraverso la mia modesta persona, è stato espresso il desiderio di una Scuola di qualità (e quando dico Scuola, intendo la Scuola Pubblica). I tecnicismi, le assi, le competenze orizzontali, trasversali, verticali, ortogonali , intestinali… sepolcrali (!) si stanno sostituendo alla vera essenza e funzione della scuola: un bel pacco ben incartato con nastri e fiocchi ma senza contenuto. Vuoto. La Scuola, al di là delle fumisterie, dei formalismi e dei bizantinismi, deve saper “accendere il fuoco”,  stimolare la curiosità e l’amore (sissignore l’amore) per i Saperi e per le cose belle; indicare i mille percorsi della conoscenza, lasciare intravedere le porte per accedere ai giardini segreti, insegnare la Ragione ed il Sentimento e che non bisogna nascondere le emozioni: piangere, ridere, avvertire i tuffi al cuore,  sono parte non secondaria della natura umana. Alla fine del percorso di formazione, la Scuola, deve aver contribuito a “consegnare” alla società Persone responsabilmente consapevoli dei propri Diritti e specialmente, dei propri Doveri: questa è la sua funzione principale.

Già da un po’ di anni, in Italia, la scuola ha smesso di essere un ascensore sociale: le classi dirigenti mandano i figli al Liceo e all’Università pronti a sostituire i padri: il Potere garantisce sempre se  stesso.  Gli “altri”, in generale, si accontenteranno di sapere, nel migliore dei casi, usare con maestria una tastiera. Immagine perfetta di un Paese ingessato. E coloro che ce la fanno,  perché  (per fortuna)  le eccezioni esistono, trovano le strade sbarrate: il classismo non è mai morto e al suo servizio ci sono mille inghippi, mille lacciuoli, mille postille, che lo preservano.

Egregio signor Ministro dell’Interno più che prendersela con i poveri cristi che sognano una esistenza dignitosa, rivolga la sua attenzione anche alle Intelligenze che sono costrette ad emigrare. Questi sono i vuoti che impoveriscono una Nazione. Lo nota pure Lei che il paesaggio muta a seconda del punto di osservazione?

Quanto la Scuola sia stata tenuta da conto dai Governi passati  lo dimostra la scarsa incidenza culturale che hanno avuto gli ultimi Ministri della Pubblica Istruzione: personaggi con scarsa autonomia culturale e decisionale. Piuttosto obbedienti alle direttive dei loro boss politici. E non fa  certo eccezione il Governo attuale, che pure ha strombazzato ai quattro venti proclami eclatanti: per adesso tutto è in divenire. Aspettiamo Godot? Nessuna polemica strumentale, né personale ma, le loro Eccellenze, da illo tempore,  si sono segnalate per un’aurea mediocrità, quando non hanno fatto sfracelli irreparabili (vedi la controriforma Gelmini che tanti danni “addusse agli Achei”).

La Scuola non è considerata altro che una Cenerentola stracciona, figlia di un manuale Cencelli dei poveri; presenza muta, senza portafoglio né prestigio, al Consigli dei Ministri. A quando un Ministro della Pubblica Istruzione ad hoc? Sogno e continuerò a sognare un Salvatore Settis.

Illusioni? Forse.  Si campa anche di queste.

Giosuè Romano

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