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Le ultime lettere di ieri

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14 Novembre 2012

Caro direttore, le ultime due lettere di ieri sono emblematiche e da rimarcare, infatti a riprova sono ancora vivi in noi di una certa generazione i ricordi tramandati direttamente di quello che fu il dramma della guerra vissuta dai nostri padri; “l’episodio” del parcheggio invece rappresenta un “modo di fare scollegato” che andrebbe rivisto a priori, o in concomitanza di “revisioni di spese”, perché strettamente collegato con mal gestioni di servizi e patrimoni pubblici disponibili, ritornando a logiche obiettive non solo per il momento di particolare crisi e difficoltà ma sempre nella normalità, senza tradire le aspettative dell’utenza o di fatto inveire dimostrando debolezze e fragilità, in sottospecie di crudeltà che fomentano malcontenti motivati quanto evitabili e immeritati.
Da bambino mio nonno cercava di raccontarmi degli “austrici”, con episodi a sprazzi di cui ora capisco ansia e tensioni indelebili che riaffioravano nella sua mente, come poi anche mio padre, per aver visto la morte in faccia, non capendo bene il perché e oltretutto affidandosi al caso, praticamente come dei potenziali Kamikaze che andavano incontro più che altro a morte quasi sicura, o sfiorata, essendo purtroppo lasciati allo sbando, pur con tutte le buone intenzioni, amor patrio e spirito di sacrificio e servizio, per difendersi dall’invasore.
Inoltre uno zio di mia mamma rimase in Russia disperso mentre un amico del 17, per alcuni decenni postino col vespino in quel di Arcisate e già reduce ex combattente, mi disse che “a un certo punto della marcia” il capo squadra “graduato di turno” ordinò di togliere gli scarponi e fare una corsa scalzi nella neve, per poi forse riscaldare e asciugare il tutto al fuoco; a quanto pare, come appunto ribadito dalla testimonianza, ovviando in parte ai congelamenti in atto in effetti derivati dal restringimento del cuoio infangato, sfibrato o non così anfibio, che con il ghiaccio e permanentemente in ammollo, evidentemente non permetteva più nemmeno la circolazione del sangue, tanto da utilizzare degli stracci per proseguire con la speranza di poter sopravvivere alla decimazione, nella “doppia battaglia” che si stava tragicamente consumando o tristemente compiendo.
Immedesimandosi si stringe anche il cuore con inevitabile emozione; grazie tante con cordiali saluti.

Valter Abele Zaccuri

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