Legge Fiano, l’antifascismo dei padroni
20 Settembre 2017
“Timeo Danaos et dona ferentes”
Plaudire alla proposta di legge Fiano e, più in generale, ad una legislazione formalmente contro il fascismo e il razzismo varata dal PD, mi sembra un atto degno di miglior causa, perché il vero rischio che si corre in questo caso è che, quando sono gli amici dei padroni a gridare contro il fascismo, le classi popolari finiscano col cadere nella trappola della demagogia fascista. Lo schema logico che scatta è semplice: “il governo è contro di noi = il governo è contro i fascisti = noi con i fascisti”. In un paese privo di memoria storica collettiva, condizionato da anni di revisionismo, in cui le masse popolari sono state abbandonate a sé stesse da una sinistra che ha perso, assieme alla propria anima, ogni legame sociale con esse, quello schema conduce automaticamente a vedere nel fascismo una possibile alternativa. Chi pensa che il fascismo possa essere abolito per decreto commette ‘de plano’ un errore micidiale. Le leggi italiane precedenti, a partire dalla proclamazione costituzionale che equipara l’apologia di fascismo ad un reato, non hanno infatti scalfito, e non potevano scalfire seriamente, la riorganizzazione del movimento neofascista. Soltanto la coscienza e la conseguente mobilitazione popolare potrebbero riuscirvi.
Un esempio tratto dalla diretta esperienza personale può essere, a tale riguardo, indicativo. Qualche giorno fa mi è capitato di sentire pronunciare dal gestore di un bar del centro storico di Genova, bar frequentato da giovani più o meno ‘di sinistra’, senza che non uno di essi sentisse il dovere di obiettare ad una simile ‘apologia’, la frase seguente: “Bisognerebbe che ci fosse un Benito ad ogni cantone di questa città!”. L’impressione che ho ricevuto da questo episodio è che la destra leghista e neofascista ha seminato da decenni il mal seme della rivalutazione del fascismo e ora si appresta a mietere il frutto velenoso grazie anche ad un partito che ha fatto il suo gioco. Del resto, mi chiedo quale finalità politico-ideologica abbia la sovraesposizione mediatica di personaggi come Salvini, come Fiore e come i caporioni di Casa Pound, se non quella di semplificare drasticamente il quadro endosistemico, coltivando la nefasta illusione, che risale ai tempi di Giolitti e di Facta, di usare il fascismo come testa di turco antiproletaria e come ‘falso bersaglio’ dei neoliberali filo-atlantici ed europeisti. I comunisti sanno molto bene, per dirla con Brecht, che “quel ventre è ancora fecondo” e che solo l’eliminazione, attraverso la lotta di classe conseguente per il potere proletario e popolare, delle cause sociali che generano il fascismo (= capitalismo ed imperialismo) può risolvere il problema. Sennonché il PD non è e non può essere la soluzione, ma è semmai la parte maggiore del problema.
Il caso della Lega Nord è, ancora una volta, paradigmatico: il PD ha utilizzato strumentalmente Salvini per sottrarre consensi a Forza Italia, convinto che un partito di estrema destra come la Lega Nord non avrebbe potuto ostacolare la vittoria del PD come perno della stabilità di un assetto centrista e moderato del potere politico borghese. Il risultato di questa brillante operazione dei neoliberali è che un partito considerato moribondo, travolto da scandali senza precedenti e ridotto ai minimi termini è divenuto la terza forza politica del paese.
In conclusione, il risultato finale che potrebbe generare il provvedimento proposto da Fiano è una sorta di contro-effetto che si ritorcerebbe sui comunisti. Benché porre sullo stesso piano comunismo e nazifascismo sia una bestemmia che grida vendetta al cospetto di Dio, quello che conta nella società non è la verità storica, ma i rapporti di forza tra le classi. E ben presto, nel dibattito parlamentare su questa ‘legge-civetta’, si sono levate le richieste di una ‘par condicio’ sanzionatoria nei confronti dei comunisti. Occorre tenere presente che una legge che estendesse il raggio dell’azione penale nei confronti dell’ideologia e della propaganda comuniste non troverebbe oggi alcuna reale opposizione in un Paese la cui popolazione ha ormai largamente introiettato, dopo decenni di propaganda anticomunista, l’idea dell’equiparazione tra fascismo e comunismo, l’idea degli “opposti estremismi” e l’idea, anch’essa diventata senso comune reazionario, secondo cui “sono tutti uguali”. Inoltre, negli ultimi anni la campagna anticomunista ha conosciuto in tutta l’Europa un salto di qualità, essendo stata promossa dalle stesse istituzioni europee come arma per criminalizzare il periodo socialista nei paesi dell’est.
Se si ha contezza di questi rapporti di forza, non si può né invocare né esaltare alcun provvedimento formale contro il fascismo emanato da un parlamento integralmente borghese (non solo come funzione ma anche come composizione), poiché è evidente che siffatto provvedimento, oltre a non segnare alcun reale progresso nella lotta contro i movimenti neofascisti, si convertirebbe rapidamente in un ‘boomerang’. Vi è poi da considerare che l’ideologia legalitaria borghese, che è stata inoculata in dosi massicce con l’antiberlusconismo e con il M5S a buona parte della sinistra, è ormai una sindrome che condiziona i riflessi mentali della stragrande maggioranza di coloro che frequentano i circoli di sinistra, i quali sembrano incapaci di comprendere che la forma di lotta più efficace contro il fascismo è la lotta dei comunisti, dei sindacati di classe e delle forze che puntano ad un cambiamento reale di questa società in direzione del socialismo/comunismo. La verità è che non esistono scorciatoie a questa lotta e l’idea di impossibili ritorni a coalizioni democratiche e a fronti comuni antifascisti che includano forze di opposizione e forze di governo non è la soluzione, ma è parte del problema. Proprio come la legge Fiano e il partito a cui appartiene il suo estensore.
Eros Barone
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