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Losurdo argomenta e sottolinea il significato politico del pensiero nicciano

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3 Luglio 2018

Egregio direttore,

l’omaggio che ho dedicato a Domenico Losurdo in occasione della sua scomparsa ha suscitato l’attenzione di un lettore, il quale ha ritenuto di avanzare alcune obiezioni o precisazioni di natura critica alla sua impostazione e, in particolare, alla valorizzazione, da parte mia, della monumentale ricerca di Losurdo su Nietzsche.

Tralasciando come inessenziali, se non come frutto di scarsa capacità ermeneutica, i rilievi che il lettore avanza sull’accostamento di tre importanti esponenti della cultura marxista (Geymonat, Fortini e Losurdo), naturalmente molto diversi, per formazione ed orientamento, l’uno dall’altro, ma accomunati dalla stessa forza intellettuale e morale, nonché da uno stesso modo di concepire e praticare la “missione del dotto” (il mio omaggio al filosofo pugliese scaturisce infatti dal riconoscimento del suo ruolo di portatore dell’istanza di un vigoroso contrappunto dialettico all’opportunismo e al nicodemismo che caratterizzano, ormai da tempo, il “silenzio degli intellettuali”), mi limito a riprendere la questione centrale del giudizio su Nietzsche e del contributo che ad esso è stato arrecato dalla disamina losurdiana.

Orbene, la prima cosa da dire sul libro in questione è che si tratta di un libro insostituibile per la sua primaria funzione di biografia intellettuale del filosofo tedesco. Con una documentazione vasta e capillare, che fa giustizia in modo definitivo degli abbellimenti e delle edulcorazioni con cui si è cercato, da parte di non pochi studiosi, di ‘addomesticare’, più omettendo che non reinterpretando, la natura prefascista e protofascista del suo pensiero, laddove Gianni Vattimo è naturalmente il principale responsabile di queste operazioni interpretative condotte all’insegna del ‘pensiero debole’, Losurdo ha ricostruito nel modo più preciso le fonti di Nietzsche e il torbido ‘background’ in cui affondano le radici del pensiero del filosofo di Röcken.

E, da tale punto di vista, è palese, contrariamente a quanto afferma il lettore che ha mosso questa critica, che l’autore del “Ribelle aristocratico” concorda pienamente con l’autore della “Distruzione della ragione” nel ricondurre il bandolo della ‘trama nera’ che intesse il pensiero di Nietzsche al trauma provocato dagli eventi rivoluzionari della Comune di Parigi (1871) in tutto il mondo conservatore e reazionario di quel periodo storico.

Proseguendo in questa direzione interpretativa, Losurdo ha giustamente indicato il distacco di Nietzsche dalla originaria matrice nazionalista e antisemita attraverso l’assunzione di un europeismo incentrato sul ruolo dirigente delle élite ebraiche e modellato sul dominio imperialistico transnazionale. Altro che “inattualità” e “impoliticità” del pensiero nicciano! Il progetto di un’alleanza tra il capitale finanziario, la grande borghesia germanica e gli ‘Junker’, da lui coltivato, è la più clamorosa smentita di questo ‘topos’ della letteratura ‘acritica’ sul filosofo tedesco.

Insomma, ancora una volta Losurdo, sulle orme di Gyorgy Lukàcs e non, come afferma incongruamente il lettore in parola, su quelle di Heidegger, documenta, argomenta e sottolinea il significato politico del pensiero nicciano e rende onore implicitamente alla classica lettura che ne ha dato il filosofo ungherese. Non può dunque destare meraviglia che il bilancio, che Losurdo ha fatto del pensiero di Nietzsche, abbia sollevato, quando la sua monografia vide la luce nel 2002, veementi opposizioni e giudizi non favorevoli fra tutti coloro che miravano a restituire a Nietzsche quell’“innocenza” che Lukàcs gli aveva negato e di cui Losurdo dimostrava l’inesistenza. Il cinico elogio dello schiavismo e l’avversione irriducibile per l’egualitarismo, che fanno di Nietzsche il precursore del nazismo hitleriano, non saranno mai riscattati dalla prosa smagliante e dallo stile affascinante con cui quei contenuti disumani e antiumani sono stati espressi. E, per dirla con il sommo poeta, “questo fia suggel ch’ogni uomo sganni”.

Eros Barone

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