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Pace in Palestina, la voce di un indunese

Avarie
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29 Giugno 2017

Egregio Direttore,

alcuni giorni fa è andato in onda su Rai Tre un documentario sulla Palestina in occasione del 50° anniversario della Guerra dei Sei giorni dell’esercito israeliano del 1967 realizzato da Gad Lerner. E’ un documentario fatto bene. Le scrivo perché in mezzo a queste interviste compare anche un certo Francesco Minazzi, un personaggio nato qui a Induno Olona che senz’altro molti indunesi si ricorderanno, e con cui in quegli anni c’era pure stato un rapporto di amicizia circa quasi 50 anni or sono. Mi ricordo che noi lo chiamavamo Cecco, un ragazzo già allora con una forte personalità. Come tutti noi frequentava assiduamente la chiesa, ma ora è diventato un ebreo osservante vivendo da oltre trent’anni in Israele, cambiando anche nome.

Nella intervista che ha rilasciato è quindi la voce di un italiano che vive in Israele. Sulla questione Palestinese è stato di una durezza e di un realismo agghiacciante. Alla domanda di Gad Lerner sul futuro dei rapporti con i palestinesi ha così risposto: “Per i Palestinesi le opzioni sono tre: accettare di convivere qui in Israele, andarsene via o la guerra”. Non ha quindi sposato minimamente le tesi dei due popoli due stati, tesi per Francesco Minazzi utopistica.

Messa così nei confronti del Popolo Palestinese sembrerebbe inaccettabile o forse è troppo realistica visto che anche papa Francesco ha sposato la tesi dei due popoli e dei due Stati. Questo documentario però mi ha confermato alcune convinzioni personali. La prima considerazione è quella che inutile fare proposte politiche e statuali soggettive in quella regione non partendo dal contesto attuale.

La premessa da cui partire molto semplice: il popolo palestinese ha mille ragioni per rivendicare la libertà ma Israele ha vinto questo conflitto e l’unica strada percorribile per i palestinesi per rivendicare i loro sacrosanti diritti è la nonviolenza. Con la violenza o la guerra i Palestinesi hanno solo da perdere, sempre. Anche le iniziative di boicottaggio nei confronti del governo israeliano sono da evitare, perché non portano acqua al mulino della pace. L’unico sogno percorribile per i palestinesi è quindi quello diconvivere con Israele, per ottenere in cambio da tutti i paesi occidentali, in primis dall’Europa, i finanziamenti e i sostegni necessari per ricostruire quanto è stato distrutto, rinunciando per sempre alla violenza.

Portare la pace in quella regione, sosteneva il Cardinale Carlo Maria Martini, darebbe un impulso straordinario alla pace del mondo intero e costituirebbe la premessa per sconfiggere il terrorismo internazionale che strumentalizza la questione palestinese per fini interni sulla pelle di questa povera gente che ora dopo 50 anni ha ora il diritto sacrosanto di poter vivere in pace.

Per questo tutte le organizzazioni internazionali, comprese quelle italiane, che operano a favore del popolo palestinese, devono favorire il dialogo tra palestinesi e israeliani, nelle prospettiva che in un prossimo futuro ci sia poi una soluzione condivisa e che dia dignità politica e sociale alla questione palestinese. Avere un atteggiamento partigiano a favore degli uni o degli altri non serve alla pace, ma la allontana. L’amarezza finale di questo documentario è che le voci pacifiste israeliane che si battono per il dialogo, si vanno sempre più riducendo e rischiano di scomparire. Chissà se questo nostro amico indunese può dare un suo contributo al dialogo in questa tormentata regione dove è nato, vissuto, morto e risorto Gesù Cristo, colui che è venuto nel mondo per portare pace e amore.

Emilio Vanoni – Induno Olona

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