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Paese che vai, politica che trovi

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21 Febbraio 2018

Egregio Direttore,
in questa campagna al voto a dir poco singolare, esito dell’accordo pluripartisan su di un’ancor più complicata legge elettorale ostica forse pure al Machiavelli, meravigliano non poco le recenti, repentine e ripetute inversioni di rotta ad opera di svariati candidati alla guida di questo Paese, in ordine ai rispettivi atteggiamenti verso alcuni importanti problemi, soprattutto di natura macroeconomica (debito pubblico, banche, euro, europa), quasi che solo le molteplici sollecitazioni in tal senso rivenienti dal basso, ovvero da una platea oggi molto più consapevole e preparata, ne abbiano loro improvvisamente svelato in pieno gravità, urgenza e quindi necessità di oggettiva e non solo speculativa trattazione.-

Al di là della solenne enunciazione di provvedimenti un pò propagandistici, non vedo peraltro nei programmi dei diversi schieramenti chiare, organiche, coraggiosamente risolutive (e per questo sicuramente impopolari) proposte sul come affrontare e dirimere veramente minacciose situazioni già vissute da altri stati e potenzialmente in grado di determinare, nel breve-medio periodo, la sopravvivenza o il tracollo della nazione.- Nè le cose mi appaiono molto diverse per tutta una moltitudine di altre endemiche criticità della più svariata estrazione che, in quanto arcinote, non è il caso di riportare.- Troppi anni di gestione sovente a ruota libera, seguiti poi da altrettanti connotati in buona sostanza da tattiche non sufficientemente incisive, ci hanno condotto ad un bivio che impone improcrastinabili decisioni: non è più tempo di aspirine, ora occorre usare il bisturi laddove necessario, con o senza anestesia; l’alternativa, parafrasando, è quella che ha una barchetta in mezzo al lago, immobile sì nella calma notturna ma destinata a misera sorte al primo alito di tramontana.-

Che dire, sin tanto che l’elettorato non riterrà finalmente giunta l’ora di abbandonare personalistiche precostituite posizioni di schieramento, in favore di una difficile nuova coscienza nazionale finalizzata all’interesse dei molti prima che a quello dei pochi, fondata sull’oggettiva valutazione del rapporto obiettivi/risultati raggiunti dalla propria rappresentanza politica (che, ricordo, è frutto di un mandato e non già viceversa come talvolta parrebbe), e con ciò vincolandola a sottostare ai medesimi criteri di responsabilità diretta/merito propri di ogni libero mercato, fino a quel giorno colpevolizzare genericamente di inefficienza il sistema è puro esercizio di fantasia e qualsiasi recriminazione di questo mondo rimarrà semplicemente fine a se stessa: il paese continuerà infatti a disporre unicamente di quelle istituzioni che ne avranno costituito la sua diretta espressione.-

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