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Pd, la storia continua

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19 Aprile 2007

PARTITO DEMOCRATICO: LA STORIA CONTINUA

1. Adesso che i Congressi di base sono finiti, comincia il bello della politica che si fa parlando alla gente comune e non solo agli ‘addetti’.
Sento anch’io la necessità di rispondere alle tante domande che ci rivolgono i nostri elettori e tanti cittadini interessati ad un cambiamento della politica: sul serio avete deciso di fare un partito nuovo? E quando si comincia? Come si partecipa?
E poi altre domande: si può evitare che una parte di noi diessini abbandoni, prima ancora di iniziare, il cammino verso una nuova casa della politica democratica ?

2. Già da subito, il congresso di Firenze, dovrà dare risposte chiare sul primo punto, definendo il progetto (il come) e i tempi (il quando) per la costruzione della nuova casa. E definendo contenuti concreti che facciano capire agli italiani perché nasce il partito democratico, perché servirà a loro. Così che già col voto del 27 maggio, gli elettori possano dare, con il voto alle liste dell’Ulivo, un segnale di consenso.
C’è da spiegare perchè lottare per la dignità e sicurezza dei lavoratori, affinchè il lavoro non sia considerato, in questa società, una merce qualunque, non vale meno del ripetere “socialismo-socialismo” (senza che questa parola antica crei imbarazzo a chiunque lavora per una società più giusta).
C’è da mettere l’ambiente davvero al primo posto dell’agenda politica e ripensare i programmi secondo questa che è la vera urgenza del 2000 (che il secolo e la dottrina da cui veniamo non hanno saputo declinare).
C’è da tradurre la nostra idea di rinnovamento della politica in proposte forti, non solo di facciata, per ridurre l’occupazione impropria del potere da parte dei partiti, diminuire il numero di parlamentari, riformare le istituzioni e la pubblica amministrazione: rispondere alla parte più dinamica e moderna della società.
Su questi e altri ben concreti contenuti, si misurerà la credibilità del nostro progetto.

3. Come tutte le cose umane sarà poi decisivo il chi, che è forse la sfida più difficile: potremo essere solo noi, quelli oggi impegnati in politica. Non potremo nemmeno permetterci il lusso di una ennesima frammentazione a sinistra. A parte la domanda dei nostri elettori: che senso ha aver discusso e scleto che fare insieme, se poi si decide il cammino separatamente? Non credo che la questione sia solo alle decisioni che parti del gruppo dirigente prenderanno per altri, per noi.
Ciascuno di noi dovrà decidere: l’iscrizione al PD è certamente facoltativa, ma la rinuncia non è obbligatoria per nessuno. Socrate diffidava di chi si vantava di sapere e Pajetta amava dire che “l’istruzione è obbligatoria, ma l’ignoranza è facoltativa”. Il buon sapere, forse ha il sapore della ricerca comune, riconoscendo i limiti della propria storia.
Dopo lì89 sono state scritte tante pagine sul fallimento del progetto comunista, molte meno sulla realtà dei comunisti in carne ed ossa, i tanti, non dico i grandi nomi, ma i semplici compagni che con il loro lavoro hanno aiutato il progresso di milioni di persone. Parlo dei militanti del PCI che non hanno mica realizzato il comunismo, e forse molti di loro nemmeno lo volevano, ma di sicuro hanno contribuito a conquistare dignità, rispetto, libertà per tanti italiani, a che, per esempio, i figli degli operai diventassero dottori e fossero più liberi dei loro padri.
Non è un discorso sul passato, ma su cosa fanno le persone, perché alla fine, sono le persone che contano. Un atteggiamento vecchio e ben radicato nella nostra dottrina, si rifà all’idea che vi sia una ‘giusta linea’ (cui corrisponde il giusto partito) da seguire.
Non so se la linea di Boselli o di Bertinotti sono migliori, se il loro partito è quello giusto, non è questo il punto.
Il punto è accettare la novità di mettersi in discussione con chi si pone le nostre stesse domande, anche se ha risposte provvisorie diverse dalle mie, ma non per questo appartiene ad un altro campo.
Grandi questioni come la guerra, lo scontro di civiltà, la dignità umana mostrano che il campo in cui si costruisce un avvenire democratico e progressita per il mondo e per l’Italia è uno solo. Le divisioni (innumerevoli) nella storia della sinistra non hanno mai prodotto nulla di costruttivo (piuttosto tragiche sconfitte).
Questa convinzione (1) è da tempo largamente condivisa: per questo tanti chiedono a chi fa politica di discutere e agire insieme. Chi decide le scelte, chi le realizza e chi le vive nella società reale non possono essere parti separate e distinte com’è ora. La politica non può essere così lontana dalla gente. Questa è anche l’essenza del pensiero democratico, che è nato tanto tempo fa e che, non meno del pensiero socialista, ha ancora davanti un lungo avvenire (e tanto lavoro) per realizzarsi.

(1) Ricordo un lucidissimo saggio di Asor Rosa del ’96 che mostrava a Bertinotti come la sua tesi delle due sinistre non avesse fondamento nella realtà storica del ‘900, perché l’idea di una rottura rivoluzionaria non era più da tempo più all’ordine del giorno e perciò i problemi dell’oggi, e del domani, avessero una sola risposta possibile: le riforme.

Roberto Caielli, Sesto Calende

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