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Per quaranta pelli di daino

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9 Giugno 2011

Egregio Direttore,
 
posso sollecitare la sua pazienza, ancora una volta, per controbattere ad Alberto Gelosia? Le assicuro che non voglio male al suo lettore ma quasi ogni sua lettera mi spinge a manifestare dissenso e non, si badi, perché io non condivida lo spirito civile del lettore e le sue preoccupazioni, che spesso invece sento anche mie, ma perché quasi sempre, Gelosia è tanto bravo a enunciare i problemi condivisi quanto a trarne le conclusioni sbagliate.
 
Intanto sono anch’io, come Gelosia, preoccupato del fatto che questo Paese sia ormai cronicamente governato da vegliardi; devo dire però che il presidente della Consulta, cui la Costituzione assegna soprattutto il compito di essere equilibrato, riflessivo e preparato sul diritto e le leggi, può anche non essere giovane e anzi, proprio i meccanismi che rendono un magistrato eleggibile, fanno sì che debba quasi sempre essere piuttosto in là con gli anni.
 
Mi preoccuperei molto di più, per esempio, se fosse il capo del governo ad avere 75 anni e magari fosse intenzionato anche a restare in carica i prossimi due per chiedere poi un ulteriore mandato quinquennale, quello sì sarebbe uno scenario inquietante ma credo che l’On Berlusconi sia più giovane del Prof Quaranta almeno di alcuni mesi, quindi sono tranquillo.
 
Comunque scrivevo soprattutto per replicare all’affermazione centrale della lettera: Gelosia, piccato per il modo sbrigativo con cui la consulta, giustamente e all’unanimità, ha respinto il demenziale ricorso del governo contro un referendum che, previsto da oltre un anno, ormai è in dirittura d’arrivo, ipotizza che i giudici costituzionali brighino l’incarico di presidente per meritarsi una pensione più alta.
 
Ora, a pensar male qualche volta… si sbaglia: la ragione è che, normalmente, l’incarico viene offerto, di preferenza, al giudice più anziano di elezione, il quale quindi tende ad avere già consumato gran parte del suo mandato. Questo tra l’altro produce l’effetto per cui nella Consulta si alternino mandati relativamente lunghi a veloci sequenze di presidenti da pochi mesi ciascuno: di solito quelli che restano in carica meno sono i giudici provenienti dalla magistratura poichè vengono eletti, tutti e cinque, quasi contemporaneamente a differenza di quelli di nomina parlamentare che di solito richiedono ormai un paio d’anni di liti inutili nelle camere e di quelli di nomina presidenziale che sono invece nominati subito, uno alla volta, al liberarsi di un posto.
 
Fra l’altro, le farà certamente piacere saperlo, secondo la consuetudine la presidenza sarebbe dovuta toccare prima a Paolo Maddalena, per poche settimane, poi ad Alfio Finocchiaro, il cui mandato scade pochissimo prima di quello di Quaranta.
 
Risulta da fonti di stampa che sia Maddalena che Finocchiaro, abbiano rimosso la propria candidatura per evitare che la consulta perdesse troppo tempo con avvicendamenti frequenti.
 
Fra l’altro i rumors dicono anche che i tre giudici in questione appartengano a correnti politico culturali diverse, con Quaranta vicino al suo coetaneo di palazzo Chigi e gli altri due più lontani. E qui sorge un sospetto inquietante: forse quelli che Gelosia addita come simboli della casta potrebbero addirittura essere gli unici tre italiani capaci di mettere da parte ambizioni personali e interessi di partito solo per rispettare un impegno istituzionale? talmente fantascientifico che trovo del tutto naturale che qualcuno abbia dovuto scomodare le pelli di daino per capacitarsene.
 
Insomma, alla fine non tutti si fanno comprare da una pelle di daino, e quelli che lo fanno di solito si notano alquanto, coi loro mutui da pagare, i sottosegretariati e le rielezioni garantite.
 
Un saluto cordiale
Mauro Sabbadini

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