» Invia una lettera

Perché la riforma costituzionale Renzi-Boschi è un attentato alla democrazia

incontro sul referendum
1 Stella2 Stelle3 Stelle4 Stelle5 Stelle
Loading...

25 Ottobre 2016

Egregio direttore,

è ormai da un trentennio che la risposta delle classi dominanti di questo Paese alla crisi della democrazia italiana (degenerazione oligarchica e isolamento sociale dei partiti, organica subordinazione all’economia capitalistica e al potere finanziario, sostegno alle politiche di austerità in materia di lavoro e di Stato sociale) è sempre la stessa e può essere riassunta nel progetto d’indebolire il parlamento e di rafforzare il governo, tramite modifiche sempre più gravi della seconda parte della Costituzione repubblicana: dapprima, negli anni Ottanta e Novanta, i tentativi delle Commissioni Bozzi, De Mita-Jotti e D’Alema_Berlusconi; poi l’assalto ben più deciso alla Costituzione da parte del governo Berlusconi con la riforma del 2005, bocciata dal referendum del giugno 2006 con il 61% dei voti; infine l’ultima, non meno grave aggressione: la legge di revisione costituzionale Renzi-Boschi approvata il 12 aprile 2016, sulla quale si svolgerà il referendum confermativo nel prossimo ottobre.

Nulla di nuovo sotto il sole nero delle forze reazionarie, poiché l’argomento a sostegno della revisione, oltre a quello risibile e demagogico della riduzione dei costi della politica, è stato quello della necessità di accrescere la ‘governabilità’ nel tentativo reiterato, che ha sempre contraddistinto il ceto di governo, di scaricare sulla nostra carta costituzionale la responsabilità della propria inettitudine.

Ma sostiene Griffi (cfr. lettera del 23 ottobre 2016): «Secondo me nulla è intoccabile, nemmeno Dio, soprattutto in un paese che da decenni va avanti a privilegi, organismi e meccanismi ormai diventati incompatibili con qualsiasi spinta democratica». Sennonché occorre ricordare a chi, come il precitato signore, inverte il rapporto gerarchico tra Costituzione e referendum («Prima che molti buttino alle ortiche l’unico mezzo di volontà popolare che ci rimane»), quasi che l’oggetto del referendum fosse secondario rispetto all’esercizio, comunque auspicabile, della volontà popolare, che le costituzioni sono una cosa seria e che nelle democrazie serie sono emendabili, cioè suscettibili di singole e specifiche riforme, ma non modificabili per intero. Basti pensare alla reazione che vi sarebbe negli Stati Uniti, se qualcuno, foss’anche il presidente di quella repubblica, proponesse l’idea di una nuova Costituzione. La verità è che l’intera Costituzione statunitense del 1787 è da tutti concepita, difesa e codificata come il ‘pactum societatis’ fondativo del regime di quel paese e la carta d’identità della nazione. Di conseguenza, la Costituzione degli Stati Uniti è unicamente suscettibile, lo ripeto perché ciò vale anche per la nostra Costituzione, di singoli e specifici emendamenti, la cui approvazione richiede una procedura tanto laboriosa quanto rigorosa, che non concede alcuno spazio ai colpi di mano di un gruppo avventurista.

Ma sostiene Griffi, riferendosi all’articolato schieramento delle forze politiche contrarie alla riforma costituzionale, «chi voleva stravolgere la costituzione ora ci ha donato una ennesima giravolta politica di convenienza, tutti impegnati a difendere la intoccabilità della Costituzione». Orbene, faccio notare al sullodato signore che una causa giusta rimane giusta anche se ad essa aderiscono, per motivazioni strumentali o con altri fini, soggetti molto diversi da quelli che la qualificano e la caratterizzano: tali sono, Griffi ne converrà, l’Associazione Nazionale dei Partigiani Italiani e la Confederazione Generale del Lavoro, che qualche valida e importante ragione, non dettata da “disturbi intestinali ma da raziocinio” (per citare l’elegante perifrasi griffiana), hanno pur addotto a sostegno della scelta del NO. D’altronde, ‘si parva licet componere magnis’, persino Winston Churchill disse un giorno che, qualora Adolf Hitler avesse invaso l’inferno, lui non avrebbe mancato di parlare gentilmente del diavolo alla Camera dei Comuni…

Sennonché le modifiche proposte dalla riforma costituzionale Renzi-Boschi non sono bagattelle, poiché l’attuale revisione costituzionale investe l’intera seconda parte della Costituzione: ben 47 articoli su un totale di 139. Non si tratta, quindi, di una “revisione”, ma di un’altra Costituzione, diversa da quella del 1948. In questo senso, la nostra Costituzione non consente neanche ad un’ipotetica assemblea costituente, la quale decidesse a larghissima maggioranza, di approvare una nuova Costituzione. Il solo potere riconosciuto dall’articolo 138 della nostra Costituzione è infatti un potere di revisione, che, come dicono i costituzionalisti, non è un potere costituente ma un potere costituito. E qui emerge il primo aspetto di illegittimità: l’indebita trasformazione del potere di revisione costituzionale previsto dall’articolo 138 in un potere costituente non previsto dalla nostra Costituzione e perciò anticostituzionale ed eversivo. Valga il vero: la differenza tra i due tipi di potere è antipodale, poiché il potere costituente è un potere sovrano, che l’articolo 1 della Costituzione attribuisce al “popolo” e solo al popolo, sicché nessun potere costituito può appropriarsene; il potere di revisione è invece un potere costituito, il cui esercizio non può consistere nella elaborazione di una nuova Costituzione, ma solo in singoli e specifici emendamenti, tali da permettere ai cittadini, come ha più volte stabilito la Corte Costituzionale, di esprimere consenso o dissenso, attraverso il referendum confermativo, alle singole, specifiche revisioni. È una questione di logica giuridica: l’esercizio di un potere costituito (potere subordinato alla Costituzione) non può trasformare lo stesso potere, del quale è esercizio, in un potere costituente (potere sovraordinato) senza dar luogo ad un patente ed inaccettabile abuso di potere. In altri termini, essendo le costituzioni complessi di norme che istituiscono e disciplinano i pubblici poteri, imponendo loro limiti e vincoli, “per la contradizion che no’l consente” (direbbe il padre Dante) non possono, gli stessi poteri costituiti dalla Costituzione, cambiare radicalmente la Costituzione dalla quale sono istituiti e limitati. La conclusione è che, in senso stretto, un simile referendum non avrebbe mai dovuto essere proposto, perché la sua genesi, la sua formulazione e il suo contenuto rappresentano un’autentica negazione della Costituzione vigente, oltre che una coartazione della volontà popolare, chiamata a pronunciarsi su un colpo di mano perpetrato da una minoranza avventurista in cerca di legittimazione.

Ma procediamo, seguendo l’ordine delle argomentazioni addotte dal sostenitore dell’assenso a questo colpo di mano. Sostiene, dunque, Griffi riguardo alla modifica del Senato proposta dalla riforma costituzionale: «Se vince il SÌ solo la Camera dei Deputati voterà la fiducia al governo e approverà le leggi. Per quelle Costituzionali occorrerà ancora il Senato. Il Senato verrà (finalmente) ridotto a 100 membri, 95 scelti dalle Regioni e 5 dal Presidente della Repubblica ma solo per 7 anni. Non è prevista indennità aggiuntiva per i Senatori (vengono aboliti i famigerati due stipendi). Scompare il limite di età per essere eletti». Sennonché, di fronte a questo anodino e tranquillizzante riassuntino ‘ad captum vulgi’, occorre puntualizzare che, sì, la riforma Renzi-Boschi riduce i senatori a 100, ma che i senatori non vengono eletti direttamente dai cittadini, come impone l’articolo 1 della Costituzione, ma dai Consigli regionali; inoltre, dei 100 senatori 5 sono nominati dal presidente della Repubblica, 21 tra i sindaci e il resto tra i consiglieri regionali; il Senato non partecipa alla fiducia al governo (modifica dell’art. 94 della Costituzione); la seconda carica dello Stato sarà il presidente della Camera, controllato dal partito di maggioranza al servizio del premier, e non il presidente del Senato. Griffi peraltro, come tutti i sostenitori del SÌ e, purtroppo, anche un certo numero di sostenitori del NO, non fa parola della legge elettorale, denominata ‘Italicum’, che è invece organicamente complementare alla riforma costituzionale avendo lo stesso scopo, cioè attribuire maggiori poteri al Presidente del Consiglio attraverso il controllo della maggioranza del parlamento, del governo e degli organi di garanzia costituzionale (Presidenza della Repubblica, Corte Costituzionale e Consiglio Superiore della Magistratura). E con ciò abbiamo smascherato la natura autoritaria del predominio esercitato dal premier nella nomina del presidente della Repubblica (punto 2 dello schema di Griffi).

La riforma costituzionale si può, in effetti, paragonare alla canna di un fucile, al cui caricatore corrisponde la legge elettorale. È superfluo aggiungere che questo fucile, la cui bretella è rappresentata dalla nuova Costituzione che si vuole far passare con il referendum confermativo, è puntato sul popolo italiano, mentre le cartucce sono fornite da organizzazioni plutocratiche quali la Confindustria, l’Unione Europea e l’amministrazione degli Stati Uniti. Sostiene poi Griffi, facendo eco all’attuale presidente del Consiglio, che la riduzione dei senatori a 100 consentirebbe un notevole risparmio: in realtà, il risparmio calcolato dalla Ragioneria Generale dello Stato ammonta a 1/5 della spesa per il Senato, pari a 50 milioni di euro. Questa, sì, una bagattella rispetto alle enormi spese degli apparati di Camera e Senato, costituite dalla manutenzione degli immobili, dai servizi e dal personale, senza contare che ai senatori bisognerà rimborsare le spese di trasferta, che (non vi è da dubitarne, conoscendo la sequela di abusi e di malversazioni che hanno coinvolto un buon numero di consiglieri regionali) saranno ingenti. Del resto, se il governo avesse voluto realizzare un risparmio, avrebbe dovuto ridurre il numero dei deputati, cosa che si è ben guardato dal fare. In realtà, questa riforma del Senato non mira al risparmio delle risorse pubbliche, bensì, di concerto con l’‘Italicum’, all’accentramento di enormi poteri in capo al premier, al controllo degli organi di garanzia costituzionale (CSM, Corte Costituzionale, nomina del presidente della Repubblica) e a garantire l’immunità ai 100 senatori, anche se coinvolti nelle loro regioni in processi penali.

Ma sostiene Griffi (al punto 3 delle «sue sane, oneste, raziocinanti motivazioni per votare sì»): «viene inserita una sorta di “voto a data certa” che consente al governo di accelerare l’iter di approvazione delle leggi. La Camera può accogliere o meno questo iter. Lo scopo di questo iter è evitare quanto possibile le solite politiche di ostruzionismo composte da migliaia di  emendamenti». Orbene, mi limito ad osservare che, a partire da quando il rapporto tra politica ed economia si è invertito, non essendo più la politica che governa l’economia ma il contrario, la semplificazione in senso autoritario del sistema politico diventa necessaria.

‘Governabilità’ è la parola d’ordine con cui, oggi come ieri, da Craxi a Berlusconi e Renzi, viene coonestata questa semplificazione: che vuol dire crescente aggressività, di segno reazionario, della politica rispetto alla società, resa necessaria dalla sua impotenza e dalla sua subordinazione al capitale finanziario. Da qui nasce il nesso funzionale tra prima e seconda parte della Costituzione e l’enorme incidenza delle modificazioni di questa su quella, dedicata ai diritti dei cittadini. “Ce le chiede l’Europa”, strillano i nuovi costituenti a proposito delle loro riforme, ed è vero: l’Europa e, attraverso l’Europa, il capitalismo internazionale ci chiede di ‘rottamare’ la nostra democrazia, operazione necessaria affinché i nostri governi rinuncino al loro ruolo di direzione dell’economia e della finanza e possano liberamente aggredire i diritti sociali e del lavoro, dai quali dipendono la vita e la dignità dei cittadini. Già oggi, tra decreti-legge, leggi delegate e leggi di iniziativa governativa, circa il 90% della produzione legislativa è di fonte governativa. La cosiddetta revisione tende a sanzionare, attraverso (non una revisione ma) la elaborazione di una nuova Costituzione, questo processo di concentrazione dei poteri nell’esecutivo, al quale essa assegna tempi abbreviati (l’approvazione entro settanta giorni) per i disegni di legge “indicati come essenziali per l’attuazione del programma di governo”. Già oggi, grazie all’iniziativa dei governi, si è verificata una destrutturazione micidiale in materia di lavoro e di diritti sociali, cui la nuova Costituzione spiana la strada in nome della ‘governabilità’, scaricando i costi delle politiche recessive sulle classi subalterne. Sarebbe quindi moralmente opportuno che chi vanta i pregi della riforma costituzionale Renzi-Boschi prendesse coscienza del fatto che per la prima volta nella storia della Repubblica sono diminuite le aspettative di vita delle persone.

Sugli altri punti elencati da Griffi non intervengo per tre motivi: non sono i punti qualificanti e caratterizzanti della riforma costituzionale, i cui vizi di fondo ho già indicato nella genesi (lo scambio eversivo tra potere costituente e potere costituito) e nel motivo ispiratore (la ‘governabilità’ in un’accezione organicamente capitalistica); su alcuni di essi (ad esempio, il ridimensionamento delle competenze delle Regioni, organismi burocratici e parassitari, e l’abolizione delle province e del CNEL) si può convenire, ma va detto con la massima chiarezza che la funzione che svolgono è meramente cosmetica, essendo del tutto secondari e non essenziali rispetto all’ispirazione efficientista, plebiscitaria ed autoritaria della forma-Stato delineata in quell’ircocervo che è la riforma costituzionale Renzi-Boschi. È noto a tutti, d’altronde, che anche un orologio guasto segna almeno due volte al giorno l’ora giusta.

Eros Barone

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.

Vuoi leggere VareseNews senza pubblicità?
Diventa un nostro sostenitore!



Sostienici!


Oppure disabilita l'Adblock per continuare a leggere le nostre notizie.