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Perdonare non è dimenticare

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15 Gennaio 2009

Caro direttore,

il povero AG si affanna, si arrabatta (e si arrabbia pure) per sostenere l’insostenibile, che siccome è solo una possibilità (“FORSE”) quella che la Repubblica di Salò stava dalla parte sbagliata e addirittura che solo ORA E’ FACILE DIRLO, sarebbe ora di smetterla con queste distinzioni di valori storici e morali vecchi di 60 anni.
Dimenticando che proprio il fatto che allora non fu facile, costò immani sacrifici, scegliere il bene, implica semmai più rispetto e più rigore, egli accusa assurdamente chi tiene vivo quel ricordo di voler continuare la guerra, non saper perdonare e perdere il proprio tempo.

A questo ragionamento vorrei replicare ricordando che il perdono c’è già stato, da molti anni (leggiamola tutta la storia!) e pure la riconciliazione è già avvenuta da tempo, dunque non di questo si tratta, ma proprio e soltanto di principi: una cosa che non esiste in natura, ma è stata creata dall’uomo, con la storia e che però a volte sono essenziali alla nostra vita come il pane di cui ci nutriamo.
Ma non replicherò con argomenti morali o filosofici, già ben illustrati da altri, ma con un esempio di oggi, il caso CESARE BATTISTI il terrorista (ex) rifugiatosi in Brasile, rivendicando la condizione di perseguitato politico per sfuggire alla legge italiana.

Ragionando sul passato col metro ‘relativista’ di AG non sarebbe difficile sostenere che l’ex-terrorista fu a suo tempo convinto, in buona fede, di stare dalla parte del bene e si può persino ammettere che egli abbia magari sofferto (in prima persona o attraverso la morte di altri ‘compagni’) e che oggi egli sia un’altra persona, diversa da quella che un tempo impugnò una pistola per uccidere.
Ma passare da queste semplici constatazioni al riconoscimento di uno status di belligerante (combattente e/o “prigioniero politico”) è tutt’altra cosa, perché significherebbe rinnegare le ragioni morali che permisero di sconfiggere il cancro del terrorismo.

E’ così difficile da capire? Rivendicare e ricordare i principi di libertà, di fedeltà ad una idea di umanità, che distinsero allora le parti in lotta non è ‘voler avere ragione a tutti i costi’ ma solo non gettere la ragione e la morale nel tritatutto della superficialità e della smemoratezza.

Pare troppo duro richiedere (agli ex repubblichini dell’altro ieri, come agli ex terroristi di ieri) di ritrovarsi su questo punto? Forse lo è, ma è necessario in nome della verità.
Poi si può parlare di perdono, data alla persona da altre persone, non dalla legge dell’oblio (o della convenienza).

Saluti cordiali

RC

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