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Renzi, la politica italiana, il referendum di dicembre

Referendum costituzionale
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23 Ottobre 2016

Renzi ha personalizzato il referendum? A suo tempo, certamente, sicuro di ottenere una valanga di Sì, come sarebbe normale, in una funzionante democrazia di tipo rappresentativo, per un provvedimento, discusso e votato per ben sei volte, a larga maggioranza, dai due rami del Parlamento. Non siamo però in un Paese normale, come scrivono da tempo molti opinionisti, sia per il carattere del nostro popolo, sia per i problemi economico-sociali, accentuati da emergenze quali i richiedenti asilo ed il recente terremoto, di fronte anche ad un’ eccessiva sordità nei nostri confronti dell’Europa a trazione germanica.

Che cosa c’è di meglio allora per un ‘opposizione nostrana rumorosa, frammentata, e dalle proposte spesso confuse e demagogiche, che unirsi per colpire il comune bersaglio, cioè lo spavaldo giovanotto fiorentino (in verità ora, sulla base dei preoccupanti ultimi sondaggi, un po’ meno guascone di qualche tempo fa) che da rottamatore rischia di essere rottamato ? Che cosa di meglio di un referendum sponsorizzato fin troppo dal premier per scaricare frustrazioni politico-personali, rabbie e rancori, desideri di rivincita, ritenuti impossibili fino a qualche mese fa? Il No al referendum è così diventato con il No a Renzi il minimo comune denominatore di un’opposizione assai variegata: i populisti lepenisti della Lega ed i residui berlusconiani, sulla destra; i grillini con il loro appeal fatto di roboanti critiche e fantastiche promesse, proprie di chi non ha responsabilità di governo; la sinistra, nostalgica del passato remoto della politica, ma in gran parte mossa –la sinistra P.D. – dal desiderio di riprendere in mano la guida del partito: Bersani irresponsabilmente invoca ormai ai quattro venti la fine della stagione renziana alla guida del Paese e del P.D.; un caso a parte quello di D’Alema che, facendo torto alla sua intelligenza politica, sembra mosso solo da livore verso il premier, un livore interpretabile forse più psicanaliticamente che politicamente.

Il dibattito quindi sul merito della riforma costituzionale si sviluppa con molte difficoltà perché sembra di essere alla vigilia di una normale scadenza elettorale, dove i partiti parlano di tutto, mentre ora sarebbe opportuno parlare solo dei contenuti della riforma stessa. Quando entrano in azione i costituzionalisti, spesso si scade nel difficile tecnicismo, poco comprensibile ai più; quando a parlarne sono i politici, per lo più dell’opposizione, o non si entra nel merito o si sentono amenità se non inesattezze, in buona o mala fede. Che dire ad es. dell’appello di Berlusconi, il quale, nei termini apocalittici d’altri tempi, da un lato lancia l’allarme contro il pericolo di una dittatura di sinistra (Renzi dittatore forse ispirerebbe qualche gag ai grandi Totò o Chaplin), dall’altro chiede di rafforzare i poteri del premier e dell’esecutivo. La riforma invece si propone non di rafforzare i poteri del governo e del presidente del Consiglio, ma semplicemente di snellire i tempi di approvazione delle leggi, superando il bicameralismo paritario (aspetto questo fondamentale anche per la nostra economia, se pensiamo ai tempi lunghi di approvazioni di leggi essenziali per  le imprese ed il mondo del lavoro). Che dire poi di coloro che, a parole, stigmatizzano il cosiddetto combinato riforma costituzionale –legge elettorale,  ma che in realtà temono la disponibilità di Renzi a modificare la legge elettorale stessa? Meglio per loro un po’ di caos istituzionale, se prevalessero i NO, stante una legge elettorale funzionale alla nuova struttura del Parlamento. E che dire dei grillini, fanatici difensori a parole dei tagli dei costi della politica, che irridono ai risparmi che si otterrebbero con la soppressione del CNEL, delle province e con la riduzione a 100 del numero dei senatori? Che dire infine dei leghisti che si strappano le vesti (si fa per dire), gridando allo scippo nei confronti delle regioni, sui cui funzionamento e costi sarebbe peraltro il tempo di ragionare, quando invece nella legge di riforma è scritto chiaramente che alle regioni virtuose nei conti di bilancio saranno affidabili nuove funzioni e competenze, cioè maggiori autonomie; dalle regioni semplicemente sono tornate allo stato competenze ( le grandi infrastrutture e la distribuzione energetica ad es.) che la sciagurata modifica del titolo V della Costituzione, effettuata nel 2001 dal governo di centrosinistra, aveva sottratto allo stato stesso.

In conclusione vorrei anch’io chiedere a tutti di stare in tema, cioè nel merito della legge di riforma costituzionale, per ragionare sui contenuti: il Paese sarà avvantaggiato  se prevarranno i Sì, come penso, o la nuova configurazione costituzionale sarà ininfluente o addirittura dannosa? Temo però che ancora una volta nella patria dei Guelfi e dei Ghibellini prevarrà una campagna elettorale fatta di anatemi, di minacce e di colpi bassi.

Cordialmente,
Mariuccio Bianchi

Commenti

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  1. mauro_sabbadini
    Scritto da mauro_sabbadini

    Ragionamento anche comprensibile, seppur non condivisibile, se non fosse per due contraddizioni piuttosto centrali: parlamento rappresentativo? la revisione è stata approvata da forze politiche che avevano il 30% dei voti, che è percentuale ancor più bassa sugli aventi diritto. Chiaro che, se il no riesce a sommare le diverse opposizioni diventa maggioranza, sono i limiti di approvare una simile riforma con un consenso gonfiato dal premio del porcellum.

  2. mauro_sabbadini
    Scritto da mauro_sabbadini

    2: da un lato si dice che il no coalizzi elementi antigovernativi, dall’altro si sottolinea che le opposizioni sono diverse, frammentate e non sommabili. Questo secondo dato è certamente vero: Zagrebelski e il suo comitato (CDC), la destra, e i M5S non vanno da nessuna parte insieme, ma allora questa non è esattamente la prova che chi sostiene il no non ha un disegno politico complessivo ma solo un’opposizione ai contenuti della riforma? singole forze avranno il loro progetto, ma non c’è un interesse condiviso

  3. Avatar
    Scritto da Felice

    Se analizziamo oggi singolo punto del referendum (a proposito qualcuno l’ha fatto o ha dato ascolto alle solite cassandre?), dicevo se analizziamo ogni singolo punto non vedo una ragione che sia una per non votare un sì, a meno che non si faccia parte di una di quelle classi che non vogliono cambiare assolutamente nulla in questo paese.

    Purtroppo sono convinto che molti interpreteranno questo voto come voto di protesta. Un’occasione sprecata ed un diritto di voto dato in mano a gente che non sa nemmeno cosa farsene.

  4. Avatar
    Scritto da giorgio_martiniossola

    sulla carta se fossimo in un paese normale si dovrebbe votare si,ma siccome l’italia non è un paese normale (il fatto che un pregiudicato massone scriva modifiche alla costituzione lo prova…Verdini.ndr) ) è meglio lasciare tutto com’è,abbiamo già abbastanza guai senza andarseli a cercare…dopotutto la costituzione i nostri politici la tirano in ballo solo quando gli conviene,per il resto la calpestano ogni giorno come se fosse solo carta straccia.

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