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Società di trasporto ferroviario

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22 Gennaio 2009

Egregio Direttore,
avendo letto la lettera del signor Marino Oreggia, pendolare fra Sesto c. e Milano, vorrei fare qualche considerazione. Una direttiva europea ha stabilito, per gli stati membri, la separazione fra infrastruttura e
trasporto ferroviario: almeno due società, ma chiaramente l’idea era quella di creare una società di infrastruttura e molte società di trasporto, in competizione fra loro. La separazione in Italia si è fatta, solo che le “molte” società non saltano fuori, o meglio, ci sono solo quelle del trasporto merci. In effetti, ma questo è un dato risaputo nel settore, il trasporto ferroviario viaggiatori non è molto remunerativo (tranne AV), e non ci sono volontari disposti ad investire in un settore che, nella
migliore delle ipotesi si barcamena sul pareggio. Esempio tipico: Ferrovie Nord Milano di qualche anno fa. Trasporto quasi esclusivamente viaggiatori in un territorio fortemente urbanizzato, quindi un bacino di utenza
invidiabile, eppure, se una dozzina di anni fa non fossero arrivati congrui stanziamenti regionali, il parco materiale (carrozze e locomotori) sarebbe
rimasto quello dei sedili di legno. Addirittura nell’avveniristico Giappone hanno gli stessi problemi. Il trasporto viaggiatori, per funzionare decentemente, ha bisogno di soldi, oltre a quelli degli abbonamenti e dei biglietti, altri soldi, se non si capisce questo semplice principio non se ne esce. In questo periodo, però, va di moda il risparmio ad oltranza, figlio di una politica che insegue l’efficienza estrema dei servizi pubblici, ma è solo capace di tagliare fondi, ragioneristicamente.
Supponendo 80 la soglia minima assoluta per mantenere decente ed efficiente il servizio viaggiatori, molti anni fa ne arrivavano 150, pochi anni fa ne arrivavano 80, di recente 40, oggi 20. Coloro che gestiscono il servizio, in
un certo senso sono degli ottimi “manager”, poichè riescono a fare le nozze con i fichi secchi, almeno per un pò, ma chiaramente non avendo soldi per la manutenzione dei rotabili, i treni viaggiano per effetto dell’inerzia della manutenzione passata, ed i pendolari sono i primi a vivere sulla propria pelle questa condizione. Forse ancor prima dei pendolari ci sono gli stessi macchinisti, che usano gli stessi locomotori svariate volte al giorno e ne
conoscono i limiti ed i difetti. Il signor Oreggia scrive che: ” il macchinista si rifiutava di partire perche’ nella cabina di guida faceva freddo”. Io credo invece che il motivo non fosse quello, poichè, come appunto lo stesso Oreglia testimonia, “Una volta partiti, il treno si e’ fermato prima di Rho per guasto al locomotore, la luce si e’ spenta e siamo rimasti al buio, senza alcuna informazione. Dopo 20 minuti il treno e’ ripartito e il capotreno ci ha acceso la luce. A Somma Lobardo la luce si e’ nuovamente spenta, fino a Sesto Calende”. Quel macchinista non aveva doti di preveggenza, ma d’esperienza sicuramente, ed i macchinisti si trovano spesso nella sgradevole situazione di dover decidere se partire o meno, tenendo conto delle condizioni del mezzo, tra l’incudine ed il martello.
Cordiali saluti.

Silvano Madasi

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