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W la cultura classica, che ci insegna a ragionare con la nostra testa

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23 Febbraio 2018

Egregio Direttore,

mi permetto di disturbarLa per sottoporre alla Sua cortese attenzione la presente lettera che ho inviato sia al Card. Gianfranco Ravasi, illustre studioso e biblista, sia al Prof. Luciano Canfora, illustre storico e filologo classico, entrambi studiosi e umanisti di ben nota fama, peraltro ricevendo dagli stessi un riscontro positivo, per rappresentare, quale modesto studioso e appassionato delle “humanae litterae” e della cultura classica, ora mediocre funzionario pubblico, come ben scrisse e sintetizzò Giacomo Leopardi in una lettera a Pietro Giordani riguardo i c.d. “borghesi”, per i quali l’arte e la bellezza artistica devono avere solo un’utilità economica e produrre guadagno, “Mi comincia a stomacare il superbo disprezzo che qui si professa di ogni bello e di ogni letteratura”.

Nella nostra società moderna c.d. “globalizzata” fondata sempre più sul solo profitto economico immediato la cultura classica e umanistica è ormai considerata inutile e vecchia poiché nell’immediato non serve a trovare lavoro rispetto alla “rete” digitale, alla tecnologia, dagli U.S.A. l’economista Michele Boldrin, leader del movimento “Fare per fermare il declino”, aveva addirittura proposto di abolire il liceo classico! Negli ultimi anni la semplificazione degli studi, la formazione finalizzata solo al lavoro pratico, il continuo taglio delle ore e delle materie, l’esaltazione soltanto dell’Inglese e dell’informatica ai soli fini dell’impresa commerciale sono tra le cause nefaste che stanno distruggendo la scuola pubblica e la nostra cultura.

Riguardo l’asserita inutilità pratica degli studi classici e umanistici molti dimenticano, eufemismo per non dire che non sanno, che la geometria euclidea deriva dallo studio dei matematici greco-alessandrini del III° secolo A.C., che nel medesimo secolo il matematico ed astronomo Eratostene di Cirene ha misurato per primo con ottima approssimazione il meridiano terrestre e che l’astronomo e matemafico Aristarco di Samo ha introdotto per primo la teoria secondo cui il Sole e le stelle sono immobili mentre la Terra ruota attorno al Sole percorrendo una circonferenza, che gli algoritmi utilizzati ancor oggi per i computer e per i telefoni cellulari sono stati elaborati nel IX° secolo dal matematico persiano Al Khwārizmī, che i numeri che utilizziamo, portati dagli Arabi nel corso dell’VIII° secolo, sono stati introdotti in Europa nel XIII° secolo anche grazie al matematico pisano Leonardo Fibonacci e infine che il moderno sistema bancario e di credito è stato creato dai Cavalieri del Tempio nel XII° secolo e dai banchieri “lombardi”, senesi e fiorentini nel XIII° secolo.

Ivano Dionigi, già Rettore dell’Alma Mater Studiorum di Bologna, sul Corriere della Sera ha scritto una lettera ai ragazzi dell’era di Internet sull’attualità di studiare i classici per scoprire noi stessi. Noi oggi parliamo male con una comunicazione sempre più frettolosa e vuota; il latino e il greco ci permettono di risalire al significato originario delle nostre parole. La cultura classica ci insegna il valore della comunità in un momento in cui l’egoismo individuale prevale sul concetto di collettività, di convivenza civile e di politica svolta con valori etici per il bene pubblico e comune.

La cultura classica è una dimensione per comprendere che le conquiste dell’umanità non sono definitive ma che occorre vigilare sempre e analizzare ciò che abbiamo realizzato nel corso della storia per crescere e formarci come cittadini con spirito critico. Lo studio della storia e della cultura classica apre la mente, insegna a ragionare con la propria testa e a considerare gli errori commessi nel passato e probabilmente è proprio tale insegnamento critico verso il potere politico ed economico-finanziario che deve essere eliminato. Dalla cultura classica si apprendono le istituzioni, i pensieri politico-filosofici che sono alla base della nostra civiltà. Se il sistema politico ed economico greco e romano si reggeva sulla schiavitù e sul diritto di conquista del potere da parte del più forte certamente la ricerca della bellezza, della libertà sociale e individuale e della virtù etica in un’epoca di corruzione come la nostra, l’esaltazione della Legge per il bene comune quando i cittadini contemporanei non credono più nello Stato e nelle sue istituzioni democratiche, sono valori di quel mondo classico che possono aiutare gli uomini moderni a migliorare il mondo contemporaneo.

Umberto Eco sull’Espresso asseriva che, anche nel mondo della tecnologia, l’avvenire è di coloro che sanno ragionare e Antonio Gramsci nei Quaderni dal carcere affermava che non si imparano il latino e il greco per parlarli ma per conoscere la civiltà di quei grandi popoli, la cui vita si pone come base della cultura mondiale, che lo studio deve essere disinteressato, non avere scopi pratici immediati ma che deve essere formativo, anche se «istruttivo», cioè ricco di nozioni concrete, che nella scuola sta avvenendo un processo di progressiva degenerazione poiché la scuola di tipo professionale, preoccupata di un immediato interesse pratico, prende il sopravvento sulla scuola “formativa” immediatamente disinteressata.

Nel deserto del profitto immediato e dei “subiti guadagni” alcuni anni or sono un Ministro della Repubblica ha persino affermato che non si vive con la cultura; certo “licet sapere sine pumpa, sine invidia” (Seneca) ma noi vogliamo con la forza del pensiero (la “mens cogitans”) riaffermare che “Οὐκ ἐπ’ ἄρτῳ μόνῳ ζήσεται ὁ ἄνθρωπος” (“Non di solo pane vivrà l’uomo”)!

Sconsolato e amareggiato dal vuoto culturale della società contemporanea mi consolo studiando la grande lezione che deriva dai testi classici e ricordo i celebri versi espressi da Dante nel XXVI° canto dell’Inferno, oggi più che mai attuali: “Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”!

ChiedendoLe scusa per il disturbo arrecato con la viva speranza che il moderno e vuoto “homo oeconomicus” non prevalga irrimediabilmente e definitivamente sul “civis” e sul “sapiens”, mi è gradita l’occasione per porgerLe i miei più cordiali saluti.

Alberto Morandi

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