Truffa da 2 milioni, promotore finanziario a processo
Investimenti spericolati e falsi prospetti per nascondere il buco: a processo un 46enne
Un promotore finanziario di Varese di 46 anni è accusato di truffa aggravata: secondo la procura ha dilapidato il patrimonio finanziario di due clienti facendo loro credere che le cose andassero bene, salvo poi presentarsi all’improvviso da loro e ammettere che i rendiconti inviati erano stati “aggiustati“. All’uomo erano state affidate cifre ingenti: 1 milione e 400mila euro da un cliente e 600mila euro da un altro cliente. Alla fine non è rimasto nulla.
L’uomo è un promotore finanziario legato, nel 2014, da un rapporto di agenzia con Banca Fideuram, che ha sede a Varese in via Mazzini 9. L’accusa di truffa è contestata perché il promotore ha utilizzato l’artificio di presentare ai suoi clienti dei falsi rendiconti nei quali non risultavano i reali investimenti, fatti e mai autorizzati, né le minusvalenze degli stessi. In questo modo i proprietari del denaro non sapevano i veri risultati delle operazioni di investimento e disinvestimento.
La vicenda è venuta alla luce dopo la rivelazione fatta dal promotore ai suoi clienti: “I vostri soldi sono finiti, non ho più un euro”. Da allora le parti offese hanno affidato indagini difensive all’avvocato Gianluca Franchi, e arriveranno anche a una citazione civile nei confronti di Fideuram, da loro accusata di non aver vigilato.
Il pm Massimo Politi, sul versante penale, contesta la truffa aggravata. Con queste condotte, il promotore ha indotto i clienti in errore e ha potuto continuare a percepire le provvigioni sui portafogli dei clienti da lui amministrati arrivando a un ingiusto profitto.
L’accusa dice anche che nel settembre del 2014 il promotore aveva detto ai suoi clienti che le cifre sarebbe state utilizzate in investimenti a basso rischio, salvo poi utilizzarle in investimenti speculativi ad alto rischio che, di fatto, non erano mai stati autorizzati. La prossima udienza si terrà il 15 marzo. La difesa è rappresentata dall’avvocato Marco Lacchin: la linea difensiva, in breve, è che le operazioni erano state autorizzate una parte per iscritto e per una parte con autorizzazioni verbali.
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