“Noi facciamo sentire i sordi”, ma c’è chi non vuol sentire

Riabilitazione in videoconferenza, interventi di impiantistica all’avanguardia, un servizio che ha un fatturato in attivo, pazienti che arrivano da tutt’Italia e anche dall’estero. Nonostante tutto il servizio di audiovestibologia continua a rimanere "emarginato"

Erano figli di un dio minore, prigionieri del silenzio. Ora non più. I sordomuti hanno vissuto fino a pochi decenni fa quasi senza prospettive, se non quella di affidarsi ad un linguaggio surrogato, quello dei gesti. I tempi sono cambiati, i progressi della scienza e della tecnologia applicata alla medicina hanno trasformato anche la loro vita. E così oggi l’audiovestibologia, la scienza che si occupa dei problemi legati all’udito, si serve di impianti acustici sempre più sofisticati e meno invadenti, esteticamente gradevoli, metodologie di riabilitazione e di diagnostica sempre più raffinate, che, aggiunte ad una percezione dell’invalidità nella sua vera dimensione, hanno ridato prospettive di vita normale a migliaia di persone.

La sezione di audiovestibologia dell’ospedale di Circolo di Varese, diretta dal dottor Sandro Burdo, è tra i primi cinque centri in Europa nella cura dei pazienti affetti da sordità. Per farsi operare e curare dalla sua équipe vengono da ogni parte d’Italia, e anche dall’estero. Una struttura la cui importanza la si desume dai numeri, dai fatti e dalla riconoscenza che traspare evidente dalle parole ritrovate dei pazienti. Circa 30mila le prestazioni erogate in un anno, di cui 24mila diagnostiche e 6mila di tipo riabilitativo. Quello di Varese è considerato il primo centro italiano per gli impianti cocleari. Un minuscolo elettrodo che  permette ai pazienti di sentire e tornare a vivere. Moltissimi i bambini operati, curati e riabilitati dallo staff di Burdo: più di 500, di cui la metà seguono la riabilitazione collegati in videoconferenza con il centro varesino. Un metodo rivoluzionario: è la madre infatti che si occupa della riabilitazione, seguita in diretta, sul monitor del computer, dai logopedisti. Questo consente di raggiungere obiettivi di eccellenza sia dal punto di vista terapeutico, che dei costi (una seduta di riabilitazione in videoconferenza costa dalle sei alle sette mila lire). E’ uno dei pochi servizi che possono vantare un fatturato in attivo. 

Eppure, nonostante questo successo, l’audiovestibologia a Varese si trova in una situazione di "emarginazione". E’ sufficiente guardare dov’è ospitata: nel sotterraneo dell’ospedale, divisa in due da un passaggio dove transita di tutto, dal malato in lettiga, alla gente comune. I bambini che vengono seguiti direttamente al centro sono costretti a girovagare in questi spazi e i genitori transitano in piedi, fuori dalle stanze. A questo si deve aggiungere l’organico insufficiente. Burdo ci scherza e dice che a seguire il centro sono in 2,5: due medici a tempo pieno, di cui uno è lui, e un part-time, 5 tecnici di audiometria, altrettanti logopedisti e tre infermiere. 
«Fuori Varese siamo considerati e riconosciuti come un centro all’avanguardia, si sa nessuno è profeta in patria. – Afferma Burdo, senza nascondere il tono polemico -. L’efficienza del centro, nonostante la situazione sottodimensionata dell’organico, è data dall’impegno del nostro personale e dalla razionalizzazione dei percorsi diagnostici e dall’uso dei mezzi informatici, al punto che le capacità innovative di questo reparto sono state riconosciute anche dal tribunale del malato. Un merito va anche riconosciuto alla regione Lombardia che ha creduto alla crescita del servizio».

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Pubblicato il 16 Novembre 2001
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