Bossi, è venuto il giorno del silenzio

Chiesto dalla famiglia il silenzio sulle condizioni di salute, mentre i colleghi del Ministro ostentano ottimismo

Il 13 di marzo è stato il giorno che ha decretato il silenzio sulle condizioni di salute di Umberto Bossi, ancora ricoverato presso il padiglione S.Maria dell’ospedale di Circolo di Varese. Dopo un susseguirsi di notizie contrastanti nel corso della mattinata, e un vero e proprio black out ufficiale sul luogo dove è ricoverato ora il leader della Lega, anche se è ormai certo anche in assenza di conferme che Bossi sia stato spostato ieri dal reparto di rianimazione cardiologica, al quinto piano del S.Maria,  a neurorianimazione, al piano terra dello stesso padiglione. Una conferma che non può provenire da fonti ufficiali, visto che conferrmerebbe indirettamente anche le sempre più insistenti voci che vogliono il ministro delle riforme istituzionali colpito da Ischemia cerebrale,  voci smentite con forza per tutto il giorno sia dalle autorità sanitarie, sia da chi dei suoi è stato oggi al suo capezzale.
D’ora in poi dunque
come abbiamo già anticipato, non ci saranno più bollettini medici ufficiali, nè informazioni di fonte istituzionale e sanitaria, fino a che non saranno cambiate le condizioni del ministro, per esplicita richiesta della famiglia.

Il silenzio dei sanitari ha avuto come suo contraltare  una maggiore disponibilità  degli esponenti del Carroccio a parlare  con i rappresentanti dei media di tutta Italia, ormai accampati da un paio di giorni fuori dal padiglione dell’Ospedale di Circolo.  
Una disponibilità che ha
avuto lo scopo, più che altro,  di rassicurare: la meno pronta a farlo si è rivelata il deputato Giovanna Bianchi, che di fronte alla banale ma spiazzante domanda «Come l’ha trovato, d’aspetto?» ha impiegato una ventina di secondi prima di trovare nella memoria una frase fatta che cancellasse ciò che probabilmente aveva visto e  che evidentemente contrastava con le frasi tranquillizzanti già preparate.
Molto migliori, e più degni di fiducia in questo senso, si sono rivelati invece essere Giancarlo Giorgetti e Marco Reguzzoni, che sono stati per tutto i giorno al capezzale dei famigliari.
Ai giornalisti non hanno mai smesso di spiegare  con faccia distesa che «ora si sentono più tranquilli» e che «Il Senatore  sta meglio di ieri». E non hanno smesso nemmeno davanti ad un caffè, nemmeno di fronte alle perplessità di chi li ha seguiti, permettendosi persino di giocare allo scoperto «Se siamo allegri e sollevati sarà perchè ne abbiamo un motivo. Oppure perchè stiamo fingendo bene» si è permesso di gigioneggiare Reguzzoni, il più brillante nella parte dell’ottimista. Simpatici giochi di specchi, per cercare di spiazzare i giornalisti che da giorni ormai non mollano la posizione, per strappare novità sulle condizioni di salute di Bossi. E ai quali Maroni invece chiede: «Lasciateci perdere, nei prossimi giorni: perchè rispettare il dolore e la sofferenza delle persone è un segno di civiltà, come rispettare la scelta del silenzio dei famigliari».

Una scelta dovuta e di dignità, nell’ottica di proteggere la sofferenza di un uomo che se dovesse combattere la battaglia che ormai molti sospettano, quella di un uomo dal cuore malandato sopravvissuto per fortuna e bravura dei medici ad una complicazione cerebrale – ha bisogno del tempo, della pazienza e della forza necessari per concedere al suo fisico di combattere.
Ma una responsabilità grande e una scelta politica, se
rapportata al fatto che si tratta del ministro delle Riforme istituzionali e del Leader storico della Lega.
Una scelta non nuova, già avvenuta in passato per i leader politici ritrovatisi in situazioni di salute critica. Ma che proprio per questo, al di là dei sorrisi rassicuranti dei suoi, non provati da alcuna buona nuova,  lasciano il  fiato sospeso sul futuro di molte delle scelte istituzionali e politiche che a lui fanno capo.
 


Redazione VareseNews
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Pubblicato il 13 Marzo 2004
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