“Siamo tra una guerra e l’altra, ma preferiamo la pace”

A Villa Recalcati il primo step di incontri fra la delegazione isrlaeliana e gli aministratori del Varesotto. In giornata toccherà a Varese e Busto Arsizio

Il primo ad accoglierli, tra i rappresentanti delle istituzioni varesine che incontreranno nella giornata, è stato il presidente della provincia Marco Reguzzoni, con in mano un libro dal significativo titolo “Israele siamo noi”, ma la delegazione israeliana che da oggi fino a venerdì sarà in visita in Lombardia Piemonte e San Marino incontrerà anche i sindaci di Varese e Busto Arsizio.

In cerca di pace, che nasca ancora prima che dai governi, dalla società, dagli incontri di cultura, da quella conoscenza che rende più difficile il degenerare delle situazioni. Con la consapevolezza che c’è poco tempo da perdere: «Noi pensiamo di essere ad un punto di svolta. – Spiega Shuki Yariv Ben – Ami, giornalista e studioso, presidente della sezione Israeliana di World Media Association – Abbiamo appena terminato una guerra, e sentiamo di essere, più che in pace, tra una guerra e l’altra. Noi preferiamo la pace».

E per cercare di conservarla, si rivolgono direttamente all’italia, alle istituzioni e alla cultura italiana. «Noi pensiamo che l’Italia ci sia vicina – continua Ben Ami – perché è geograficamente vicina al medio oriente e ci può aiutare a iniziare progetti comuni. Noi abbiamo sulle spalle sette o otto trattati di pace più di duecento negoziati, ma nessun risultato: pensiamo così che bisogna tentare altre strade. Il dialogo non deve essere solo politico ma anche culturale, religioso e accademico. Noi abbiamo attuato nel passato progetti meravigliosi di pacificazione aiutati dalle regioni italiane: per questo posso dire che l’Italia è il nostro alleato più vicino e può fare da leader e da guida nella crisi tra Israele e Palestina».
Senza il timore dell’idea che l’Italia sia troppo filo palestinese, come a volte dicono: «Lo dicono, certo. Ma nonostante ciò gli israeliani hanno per gli italiani sentimenti positivi e nutrono simpatia per loro. Diciamo che siamo sospettosi verso alcuni paesi, ma non proprio verso il vostro».
Il tempo è poco: dalla loro ottica la guerra è molto più vicina di qual che appare dall’altra parte del mediterraneo: «Siamo qui perchè abbiamo sentore di guerre che stanno per arrivare – aggiunge Hod Ben Zvi, ricercatore all’università ebraica di Gerusalemme e segretario generale dell’Universal Peace Federation israeliana – In particolare, ci immaginiamo che scoppi una guerra estiva tra Israele e Libano, oppure la nascita di una terza intifada. E poi abbiamo la percezione di un attacco preventivo che Stati uniti e Israele potrebbero attuare nei confronti dell’Iran: basterebbe una sola di queste tre ipotesi a gettare nel caos la nostra regione. Noi percepiamo nettamente che il dialogo di pace sta morendo: per questo siamo convinti debbano entrare in gioco altre parti. E l’Italia può aiutarci: se la realtà politica non dialoga con le società, lo possono fare gli insegnanti, i professori, i ricercatori, gli studenti: e il dialogo permette di capirsi meglio. Noi abbiamo più di 100 organizzazioni di volontari al lavoro a Gaza e Gerusalemme, siamo certi che gli italiani possono fare qualcosa per aiutarci».
La delegazione israeliana viene in pace cercando pace, e per questo evita innanzitutto una cosa: «L’unica cosa che non vogliamo fare è giudicare: il conflitto qui è tra il diritto palestinese e quello israelieano, e dentro questi confini dovrebbe stare, invece che invadere tutti i settori della società».
Dopo la provincia di Varese, la delegazione israeliana incontra il sindaco di Varese alle 15 e il sindaco di Busto Arsizio a fine pomeriggio.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 12 Marzo 2007
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